5.5
- Band: RED FANG
- Durata: 00:41:27
- Disponibile dal: 15/10/2013
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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In Italia piacciono per il loro fare becero e per i loro concerti energici; all’estero, probabilmente, piacciono per gli stessi identici motivi, data una fama sempre in crescita e per una mancanza concreta di altro genere di motivazioni. Sono i Red Fang, quartetto di Portland maleducato e amante della birra, delle stoppe facili, del costante coinvolgimento con il pubblico durante i loro sempre più affollati set. Divertire e intrattenere allo stesso tempo non è qualità di molti, complimenti quindi per saperlo fare sempre e piuttosto bene – qualcuno in meno, forse, per una qualità musicale che, arrivati al terzo capitolo discografico, questo “Whales And Leeches”, tende ancora a latirare sotto molti punti di vista. Avete presente quando sembra che vogliano spianare la strada ad una band ad ogni costo? Loro sembrano esserne un esempio lampante, pur rimanendo sempre in un ristretto circuito underground. Viste le discutibili doti tecniche in possesso dei quattro, era logico non aspettarsi grandi stravolgimenti nella formula che sta regalando loro fortune e consensi, presentando nuovamente quel southern metal spesso flirtante con le fangose bordate dei Melvins e con diramazioni seventies non entrate ancora completamente in circolo in quello che vorrebbe essere il connubio finale. Risultato, ancora una volta, sono una manciata di brani poco accattivanti e per nulla funzionali alla dimensione su disco della band, molto più a suo agio su un palco e davanti ad una folla incitante che non rinchiusa in una sala registrazione dietro ad un vetro e a dei microfoni. La produzione ingombra e non riesce a valorizzare come dovrebbe la ruvidezza di chitarre tenute troppo a bada e mai effettivamente slegate dalla proprie catene, indebolendo così brani per nulla brutti o mal composti – alcuni, almeno – ma troppo deboli e “spenti” per poter appassionare realmente un qualsiasi fan di sonorità rudi e scarne, quello a cui i Red Fang vorrebbero invece rivolgersi. Probabilmente spinti da scelte esterne, i Nostri inceppano poi in episodi di cattivo gusto come “Blood Like Cream” (classico singolone da traino con video ignorante annesso) e i suoi ritornelli da scuola elementare della musica, o come la scialba “Behind The Light”, lo stesso episodio suonato da cinque anni ma con titolo ogni volta diverso. Va meglio quando l’approccio tende a rallentare e a cimentarsi in gradevoli tributi ai Melvins – “Dawn Rising” o “Every Little Twist” – che rimangono impressi fin dal primo ascolto in maniera genuina. Ma si tratta, appunto, di parentesi. Piace pensare che, nonostante l’innocuo e trascurabile ritorno del limitato carosello stoner-rock dell’Oregon, la gente rimarrà comunque folgorata ed esaltata da quello che le verrà proposto dal vivo, senza barriere, limiti o filtri di alcun tipo. Un rapporto genuino.