6.5
- Band: RED HARVEST
- Durata: 00:42:28
- Disponibile dal: 31/01/2005
- Etichetta:
- Nocturnal Art
- Distributore: Audioglobe
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Ciò che fa dei Red Harvest un passaggio obbligatorio per chi ricerca quel filo rosso che unisce metal ed industrial è la capacità del gruppo norvegese di sintetizzare l’istintualità irrefrenabile tipica di certo black metal e costruire con essa le fondamenta di un suono stratificato, pensato, complesso, che dipende (o dipendeva) in gran parte da un uso sapientissimo dei campioni. Questo fino a “Cold Dark Matter”, almeno. Perché da quello che a questo punto aspira a diventare l’album capolavoro del quintetto nordico in avanti, le cose sono andate peggiorando. Bello “Sick Transit Gloria Mundi”; bello ma non bellissimo. Non fondamentale. I Red Harvest si sono persi nell’inspessimento delle trame chitarristiche, nella ricerca di una ritmicità reiterata (che in questo nuovo lavoro assume sfumature Ministryane) che inevitabilmente ha soppiantato quell’inclinazione atmosferica che aveva reso assolutamente speciale “Cold Dark Matter”. Peccato che questo “Internal Punishment Programs” discenda la stessa china del suo predecessore e si riveli un disco non privo di un certo appeal dovuto per lo più all’incisività di un vigoroso approccio metal, ma si limiti a suggerire la possibilità di arrangiamenti più complessi dove se ne sentirebbe davvero la necessità. Facendo piazza pulita di robaccia inutile tipo l’interlocutoria “Abstract Morality Junction” che evoca la peggiore EBM industriale, il resto dell’album è un susseguirsi di riff cadenzati (“Mekanizm” in questo senso si spinge dove i Red Harvest non erano mai arrivati) e synth vagamente descrittivi ma mai incisivi quanto ce li si aspetterebbe. “Teknocrate”, che in fin dei conti è la cosa migliore di questo “Internal Punishment Programs”, nei suoi tre minuti e poco più di durata è il distillato più chiaro dei nuovi Red Harvest: metal aggressivo e selvaggio, elettronica tagliente e ritmiche cadenzate. Dubito, comunque, che sussista la possibilità di un paragone tra uno di questi brani ed una “Absolut Dunkel:heit”. Brutto fare il passatista, ma coi Red Harvest non se ne può fare a meno.