7.5
- Band: REFUGE
- Durata: 00:55:31
- Disponibile dal: 08/06/2018
- Etichetta:
- Frontiers
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Non si può certo dire che per una band come i Rage si possa utilizzare il detto che recita ‘a volte ritornano’, non essendosi mai effettivamente sciolti, ma al contrario rinnovati più volte con diversi stravolgimenti stilistici, nonché di formazione; tuttavia, indovinate un po’, è proprio per il ritorno di una di queste che la suddetta espressione potrebbe calzare a pennello. Alcuni anni fa, quando iniziarono a girare le voci che il buon Peavy aveva riallacciato professionalmente i rapporti con due dei suoi illustri ex compagni, appartenenti tra l’altro a uno dei periodi più amati della carriera dei Rage, in molti iniziarono a confidare che la successiva incarnazione di questi ultimi avrebbe visto il ritorno in line-up proprio di Manni Schmidt alla chitarra e di Chris Efthimiadis alla batteria. Purtroppo o per fortuna, in base ai punti di vista, gli eventi hanno preso tutta un’altra piega e il nuovo progetto, rinominato Refuge, ispirandosi alla canzone omonima, sembrava destinato a rimanere solo un’operazione volta a rievocare i bei tempi andati, almeno finché non è stata ufficializzata la notizia della produzione di un nuovo album sotto la vigile ala della nostrana Frontiers Records. Non molto tempo fa abbiamo dedicato un intero track by track al suddetto lavoro intitolato “Solitary Men”, e anche per questo ora non siamo qui per analizzare nuovamente ogni singolo brano presente in scaletta come alcuni si aspetterebbero, ma piuttosto vogliamo tirare le somme di quello che, seppur nel suo piccolo, è uno degli album più attesi di questo 2018 da una certa nicchia di ascoltatori. Partiamo da un importante presupposto: tutti coloro che sperano di trovare in questo album qualcosa che possa far fare un balzo indietro nel tempo, grazie a tutti quegli elementi che hanno reso riconoscibile il sound che contraddistingueva i dischi con protagonisti questi tre signori, troveranno sicuramente di che godere con questo “Solitary Men”, il quale trasuda ‘old school Rage’ da ogni singola nota, in particolar modo grazie a pezzi micidiali come “Bleeding From Inside”, “We Owe A Life To Death” e, seppur coi suoi difetti, la iniziale “Summer’s Winter”. Tuttavia è importante non commettere l’errore di pensare che questo lavoro possa piacere solo a chi non riesce proprio a distogliere l’attenzione dal periodo fine anni’80/primi anni ’90 dei Rage, poiché ci sono anche un paio di momenti che sono stati in grado di sorprenderci per via di alcune scelte compositive adottate, come ad esempio la a tratti dissonante “Hell Freeze Over” e l’evocativa e lugubre conclusione su “Waterfalls”. Purtroppo, però, non è nemmeno tutto rose e fiori, poiché ci sono alcuni dettagli che non sono riusciti a convincerci a fondo: a partire dalla presenza di alcune tracce qualitativamente non all’altezza rispetto ad altre, compresa la irriconoscibile riproposizione in versione incazzata e distorta di “Another Kind of Madness”, qui inserita come bonus track (inizialmente non ci eravamo nemmeno accorti che si trattasse della bellissima traccia acustica presente in origine su “The Missing Link”); inoltre, segnaliamo una potenza e una compattezza sonora non sempre ottimali, soprattutto in alcune fasi in cui la chitarra dovrebbe farla da padrone, e delle linee vocali che in alcuni brani tendono un po’ a soverchiare tutto il resto. Comunque, a parte questi elementi a parer nostro da rivedere, ci riesce difficile non consigliare questo album, non solo agli affezionati fan dei Rage, ma in generale a tutti gli estimatori della sana musica heavy metal, per i quali siamo certi che un’uscita del genere avrà sicuramente modo di passare molto tempo all’interno dei loro impianti di riproduzione musicale.