9.5
- Band: REFUSED
- Durata: 00:55:11
- Disponibile dal: 12/04/1998
- Etichetta:
- Burning Heart
- Distributore: Self
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Qualcuno crede ancora che i classici non abbiano avuto stile? Beh, i Refused erano già consapevoli di averlo e ampiamente consapevoli di quello che stavano facendo. Ridefinire il genere della musica punk. Ridarne una forma. Una rottura arteriosa che avrebbe fatto sgorgare sangue a fiotti. Sangue metal, sangue hardcore, sperimentale e – ovviamente – sangue punk. Sembra già troppo, ma non basta. Impostare un nuovo classico della musica, insomma. “The Shape Of Punk To Come: A Chimerical Bombination In 12 Bursts” si apre con quella famosa citazione di gusto ginsberghiano che è “Worms of the Senses/Faculties of the Skull”: emblema, portavoce, bandiera di un progetto, di una poetica, di una missione. E non solo una semplice ed ordinaria traccia d’apertura. Un po’ come aveva fatto Ornette Coleman nel ’59 con il suo epocale “The Shape Of Jazz To Come” (a sua volta riprendendo il maestro H.G. Wells); e non è un caso che ancora si senta, nelle numerose intromissioni (più che inserti) tra un pezzo e l’altro, qualcosa che richiama quel tipo di sonorità jazz da club americano degli anni ’60. Parallelamente al jazz spunta addirittura una ripresa del tema di Stravinsky del “Rito Della Primavera” in “Tannhäuser/Derivè”, e poi un appeal drum and bass di cui è condita la produzione e l’arrangiamento di questo terzo disco degli svedesi; e ancora un gioco di contaminazione house e remix elettronici; e ancora una vena di protesta ideologica e politica che tira a sè Henri Miller del “Tropico Del Cancro” (“Protest Song ’68”). Impossibile riuscire a citare tutte le influenze, le citazioni, le contaminazioni di cui si nutre questo album. Superfluo parlare di ogni canzone singolarmente in questa unità così grezza e così perfettamente intagliata. Ben più importante, dopo circa diciassette anni di vita, citare la consapevolezza contenuta all’interno di questo disco. I Refused assurgono qui ad una dimensione di veri e propri conoscitori del proprio mondo e della cultura occidentale da televisione, eco sessantottina e anti-capitalistica, coscienza postmoderna, background musicale ad ampio raggio e rabbia punk-hardcore da cantina. Consapevoli della novità che stavano contribuendo ad offrire nel campo della musica alternativa. “New Noise” è tutto questo: aprire con l’insofferenza generazionale di ‘When the day is over – Hey! – the doors are locked on us / Money buys the access – and we can’t pay the cost / And how can we expect anyone to listen if we are using the same old voice? / We need new noise – new art for the real people’, per auspicare un ‘new beat’ per il futuro. Un programma per il futuro basato su questo nuovo beat, un nuovo rumore, un nuovo approccio confusionario e schizofrenico. Questo è il manifesto di “The Refused Party Program”, dove il basso di Magnus Björklund regge un pattern punk folle di David Sandström (il Dio della batteria punk in questo album) e gli interventi della coppia chitarristica Jon Brännström/Kristofer Steen, qui supremi nel loro incedere, e di Dennis Lyxzén, collante universale di musica e messaggio. Fondendo insieme infatti Born Against, Nation Of Ulysses, Dead Kennedys, At The Drive-In (solo per citarne alcuni) e il precedente “Songs To Fan The Flames Of Discontent”, i Refused danno vita ad un qualcosa che contiene ovviamente il ‘fattore x’ artistico, contiene le palle, la saliva, il sangue, la consapevolezza della propria genialità e l’inserimento in una bomba di sensibilità di gruppo che riesce a far dare il proprio massimo a tutti i partecipanti alla sua produzione, sia come artisti che come musicisti. Una alchimia purtroppo – e per fortuna, forse – irriproducibile, irripetibile, troppo potente per essere mantenuta senza inevitabilmente perdere qualcosa piano piano, minuto dopo minuto, troppo estrema per poter resistere alla distruzione. I Refused si sciolgono dopo pochi mesi dall’uscita dell’album. Ritornano uniti qualche anno fa e a quasi vent’anni dal loro caposaldo se ne escono con il nuovo “Freedom”. Ma questa è chiaramente un’altra storia, raccontata di recente. Dal 1991 al 1998 – per molti fan, gli unici anni di vita dei Refused – il gruppo di Umea suona in circa 400 concerti (come si legge all’inizio del documentario “Refused Are Fuckin’ Dead”) e ridefinisce la concezione della musica degli anni Novanta e di quelli a venire. “The Shape Of Punk To Come: A Chimerical Bombination In 12 Bursts” è la chimera, l’alchemica manifestazione di un’infinità di elementi, citazioni, influenze, dal letterario al politico all’esistenziale, al popolare, piazzato sotto forma di musica alternativa. Nessuna etichetta se non quella di ‘classico’. Con stile immenso e duraturo. Oggi come ieri. Un grande fuoco d’artificio poco prima della fine del millennio e prima di spegnersi. ‘There is no destination / but with a goal in mind we can all be realistic and demand the impossible. / Let’s bring this city to life – to light – tonight’.