6.5
- Band: RESTOS HUMANOS
- Durata: 00:22:39
- Disponibile dal: 12/02/2017
- Etichetta:
- Grindfather Productions
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Nati nel 2013 per volontà del cantante/chitarrista di origini colombiane Julian Serrato, i Restos Humanos giungono al traguardo della prima prova sulla ‘lunga’ distanza (le virgolette sono d’obbligo) dopo una gavetta fatta di demo, split e concerti negli squat di mezza Italia. Un modus operandi che da sempre, soprattutto in campo death/hardcore/grind, consente di raccogliere buoni frutti, e i cui presupposti vengono ampiamente rispettati negli otto brani che compongono questo disco omonimo, assalto all’arma bianca che odora di marciume, depravazione e di atmosfere prese di peso dal cinema splatter degli anni ’70 e ’80. Fin dall’incedere caracollante di “Incipit della Morte”, i Nostri ci tengono insomma a distanziarsi dalle evoluzioni della recente scuola grindcore (sempre più sfumata di sludge, ‘post’ e di tutto ciò che sta nel mezzo), abbracciando una proposta che fa della semplicità e dell’immediatezza i suoi punti di forza, alla maniera di tanti gruppi estremi dei Nineties. Musica pensata appositamente per essere replicata dal vivo, in grado di richiamare ora le gesta putrescenti di Impetigo e Machetazo, ora l’attitudine stradaiola degli Entombed di “Wolverine Blues”, senza rinunciare a puntate nel puro crust/d-beat con cui, per forza di cose, il terzetto di Treviso deve essere entrato in contatto durante la sua attività live. Una rapida sequenza di riff memorizzabili, ritmiche deraglianti e vocals rozzissime che non lascia spazio a dubbi circa le intenzioni del progetto, forse un po’ ingenuo nei primi episodi della tracklist ma in grado di assestare due bei colpi all’altezza di “Quelli delle Catacombe” e “Black Sunday”, il cui afflato melodico speriamo venga nuovamente approfondito in futuro. Continueremo senza dubbio a seguirli.