8.0
- Band: REVOCATION
- Durata: 00:44:45
- Disponibile dal: 09/09/2022
- Etichetta:
- Metal Blade Records
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“Ci siamo concentrati per poter scrivere il nostro miglior album di death metal mai relizzato sinora, spingendoci oltre i nostri limiti”. Quante volte abbiamo letto o sentito dichiarazioni di questo tipo, indipendentemente dal genere proposto dalla band in questione. Con il risultato che, spesso, andava ben al di sotto delle aspettative. Bene, scordatevi tutto ciò e riponete eventuali dubbi o perplessità in un angolo. Mai come in questa occasione, infatti, le parole espresse da David Davidson, mastermind assoluto dei Revocation, hanno trovato la perfetta corrispondenza sul piano pratico. Dopo sette dischi eccellenti, pur con i loro alti e bassi, il gruppo di Boston ha sfornato l’album definitivo, riuscendo a bollare il tassello denominato ‘ardua impresa’ e riconciliando varianti metal senza cadere nella ragionevole trappola contornata da caos generale, eccessi di virtuosismo o troppe idee ma scarsa organizzazione. Niente di tutto questo: i Revocation, rimasti in tre dopo l’uscita di Dan Gargiulo avvenuta un paio di anni fa, hanno tirato fuori dal cilindro un coniglio semplicemente sublime. E qui non c’entra nulla la magia. Il merito è tutto di Davidson, in primis, e dei suoi due compari, Brett Bamberger e Ash Pearson, autore di una prestazione impeccabile dietro le pelli.
“Netherheaven” è un viaggio oscuro, pesante ed esaltante tra le mille sfaccettature affibbiate alla visione dell’inferno: da quello dantesco, a quello demoniaco, per arrivare all’inferno moderno, tra le ipocrisie imperanti nella società, tra religione e politica. Il tutto celebrato secondo un copione in cui, ancor di più che in passato, vengono innalzate le qualità tecniche dei tre protagonisti. E se qualcuno aveva storto il naso in seguito all’ultimo “The Outer Ones”, tacciandolo di poca ispirazione e di un sostanziale irrigidimento della proposta, forte di una compattezza sin troppo estremizzata, questa volta non potrà fare altro che abbracciare a piene mani la mole sonora riversata da Davidson e compagni, perfettamente rappresentata dalla sublime opera di Paolo Girardi, capace di ricalcare in copertina i numerosi aspetti stilistici ed emozionali contenuti nei vari brani. Thrash, death, prog, black: i Revocation inanellano nove episodi chirurgici e passionali, richiamando sia Cynic, Obscura come i Possessed e Cannibal Corpse. Ognuno dei pezzi di “Netherheaven” meriterebbe una storia a sè, ma la strada più semplice è quella di mettersi all’ascolto. Permetteteci comunque di spendere qualche riga in merito alle nove tracce costruite in maniera certosina dai tre americani.
Il ruolo di opener spetta a “Diabolical Majesty”: degna apertura thrash-death che ci indirizza immediatamente sulle coordinate dei Revocation, con una parte centrale greve e groove a completare un primo assalto robusto e tecnico; una sorta di ‘dove eravamo rimasti’ dopo il “The Outer Ones” di quattro anni fa. “Lessons In The Occult Theft” è più articolata, facendosi notare anche per l’ugola ancor più pietrificata di Davidson, quasi avesse bevuto lo stesso collutorio di tal George Fisher. Studiata e cadenzata nella strofa, impazzisce in sede di refrain, risultando davvero un pezzo destabilizzante. Ed ecco “Nihilistic Violence”: fate attenzione se vi ponete all’ascolto di questo brano mentre state svolgendo qualche attività manuale; il rischio di distruggervi una mano o comunque di farvi seriamente del male è altissimo: dopo una doppia ripartenza costellata dal classico riffone a tappeto, al minuto 2.30 uno scatto ‘posseduto’ vi farà saltare sulla sedia prima che un assolo schizzato vi lanci di soppiatto verso i ritmi impostati all’inizio. Da parte sua “Strange Eternal” risulta più solare della precedente, caratterizzata da un andamento thrash con una maggior apertura melodica, come sottolineato dagli stacchi corali posti in conclusione. Altra canzone davvero meritevole. Se volete invece un esempio di come i Nostri siano riusciti ad accordare i generi prima menzionati, sparatevi nelle orecchie “Galleries Of Morbid Artistry”: sinfonica, armonica, misteriosa, oscura e puntuale. Traccia risolutiva che inquadra benissimo i Revocation anno 2022. A simboleggiare l’ingresso nel nono girone infernale, “The 9th Chasm” è un pezzo strumentale: appuntito e glaciale, sono gli arzigogoli alle sei corde di Davidson a tracciare i cerchi immaginari del lago Cocito, pronto ad accogliere e punire i traditori di turno. Abbiamo quindi “Godforsaken”: più massiccia rispetto a “Nihilistic Violence”, si erge sue porzioni differenti, vorticosa la prima, armonica, quasi dolce, la seconda, marchiando l’oblio a cui sono destinate le anime dannate. Non vi basta? Volete qualcosa di black e prog? Eccovi “The Intervening Abyss Of Untold Aeons”, dove i blast-beat non viaggiano fine a se stessi ma ben si collimano con il lavoro alla chitarra di David, costruendo un brano feroce e gelido. A chiudere, il pezzo simbolo dell’intero album, sia per il lavoro compiuto da tutti gli interpreti, sia, soprattutto, per i due ospiti chiamati a collaborare dietro al microfono. Da una parte proprio George Corpsegrinder, dall’altra il compianto Trevor Scott Strnad, alla cui memoria è dedicato guarda caso “Netherheaven”. Brano testamento che mette la parola fine ad un lavoro superbo, anche nella produzione, recando nuovamente il giusto omaggio all’artista statunitense.