5.5
- Band: RHAPSODY OF FIRE
- Durata: 01:13:37
- Disponibile dal: 26/05/2017
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
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Se i motivi che negli anni hanno portato ai divorzi nella casa della più famosa power metal band italiana sono stati quasi universalmente accettati, l’idea che i rinati Rhapsody Of Fire avessero potuto incidere un best of risuonando totalmente tutte le grandi hit della band da zero era una cosa che fino a qualche mese fa poteva risultare abbastanza bislacca. Eccoci invece, alle soglie di giugno, a trovarci per le mani questo “Legendary Years”: tutti i più grandi classici risuonati con alla voce l’ugola d’oro di Giacomo Voli (bravissimo, peraltro, a reggere un fardello come l’essere il nuovo singer dei Rhapsody Of Fire), alla chitarra il sempre ottimo Roberto De Micheli, alla batteria il nuovo arrivato Manuel Lotter e al basso il già noto Alessandro Sala. Pensiamo che nessuno avrà il coraggio di dire che questo disco è suonato male, perché Alex Staropoli è qui circondato di una serie di fuoriclasse mica da ridere, ma la domanda principale che qualunque fan medio della band si farà ascoltando questa raccolta è: perché? Già, perché una cosa del genere? Ma ci sarà davvero qualcuno che comprerà questo best of, dove peraltro se alcune canzoni sono riuscite discretamente (in generale tutte quelle dopo “Legendary Tales”) mentre le altre stentano a mantenere la bellezza e la genuina follia dei Rhapsody anni 90′? Perché volere rimettere mano a qualcosa che già di per sé era sostanzialmente perfetto? Certo, come scritto sopra non troverete una nota fuori posto o un assolo sbilenco, con i nuovi arrivati che nel loro lavoro ce la mettono tutta per aggiungere qualcosa alle canzoni che hanno di fatto plasmato la band. È solo che tutta questa operazione sa un po’ di imitazione, venuta benissimo, ma pur sempre una imitazione dei vecchi fasti del gruppo. Si parte con una versione abbastanza anomala di “Dawn Of Victory”, per poi andare a ritroso nel tempo a metà disco includendo persino “Legendary Tales” e “Wings Of Destiny” e arrivare, tra una “Riding The Winds Of Eternity” e una “Holy Thunderforce”, a una bellissima “Rain Of A Thousand Flames”, vero punto di valore aggiunto a una canzone che già di per sé non aveva bisogno di rimaneggiamenti. Ma proprio per questo continuiamo a rimanere dubbiosi: le canzoni composte da Turilli e Staropoli hanno sempre brillato per essere inattaccabili dal punto di vista sia costruttivo che di missaggio, ed il tarlo che ci dice ‘Ma che senso ha?’ nell’orecchio continua a farsi più forte traccia per traccia. Insomma, non si riesce davvero a capire a che utenza può essere destinato questo best of: al pubblico nuovo? Ai vecchi fan della band? Forse sarebbe stato meglio far uscire un bel live magari registrato in una location prestigiosa, piuttosto che una operazione di restauro per delle opere arrivate ancora ai giorni nostri in perfetto stato di conservazione.