7.0
- Band: RINGWORM
- Durata: 00:32:33
- Disponibile dal: 07/29/2016
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Ogni capitolo della discografia dei Ringworm, stoici – e storici! – visitatori delle lande impervie del crossover hardcore-thrash metal, è un evento di rara intransingenza. Il gruppo di Cleveland furoreggia nel panorama underground dai primi anni Novanta e da allora non si può certo dire che abbia abituato il proprio pubblico a puntuali evoluzioni o cambi di rotta. A livello stilistico, la band in tutti questi anni ha soltanto leggermente affinato la propria formula, limando qua è là le tendenze puramente hardcore, ma senza mai sacrificare del tutto la sfrontatezza e la capacità di sintesi tipiche del suddetto genere. Il nuovo “Snake Church”, come ovvio, non cambia le carte in tavola: gli statunitensi hanno a cuore la loro formula a base di Slayer, Integrity e Cryptic Slaughter e in questa sede tornano a promuoverla senza alcun ritegno. La limpida produzione, nuovamente affidata a Ben Schigel (Chimaira, Zao, Walls Of Jericho), è l’unico aspetto del disco definibile tutto sommato “attuale”; per il resto, “Snake Church” avrebbe potuto uscire adesso così come una quindicina di anni fa. Un’ottima notizia per i cosiddetti die-hard fan, un chiaro invito a passare oltre per tutti coloro che invece non si sono mai sentiti particolarmente attratti dalla proposta di Human Furnace e compagni. In ogni caso, una volta preso singolarmente, l’album va a configurarsi come una delle opere più felici della recente carriera dei Nostri: rispetto al precedente “Hammer of the Witch” la tracklist si presenta infatti più asciutta e incisiva, per una durata complessiva di poco più di mezzora – l’ideale per i propositi degli statunitensi. Inoltre, i consueti omaggi agli Slayer risultano qui un filo meno sfacciati del solito, cosa che contribuisce a rendere l’ascolto più fresco e interessante. Il succitato Human Furnace sembra infine non avere alcun problema con l’età che avanza: dopo tutti questi anni al microfono potrebbe starci una performance più debole o controllata, ma il frontman arriva all’appuntamento decisamente sul pezzo, oltranzista e furente come al solito, contribuendo chiaramente alla riuscita di un album in cui tutti i soliti ingredienti sono questa volta stati dosati e assemblati con esperienza e disinvoltura.