7.5
- Band: RISE ABOVE DEAD
- Durata: 00:32:41
- Disponibile dal: 31/07/2020
- Etichetta:
- Moment Of Collapse
- Shove Records
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L’uomo primigenio secondo William Blake, Albione, viene diviso in quattro parti, gli Zoa rappresentativi delle virtù e dei difetti dell’uomo. Ognuno di questi Zoa ha un suo universo di riferimento, un ambiente sul quale regnare e perseguire la sua visione del mondo. A Urizen, la ragione, e al mondo su cui domina, Ulro, i Rise Above Dead dedicano il loro quarto album, giunto a ben cinque anni dall’ottimo “Heavy Gravity”. Il mondo di “Ulro” è cupo, arido, prevalgono gli interessi dei più forti e le moltitudini ne sono in balia, schiavizzate da falsi idoli e bisogni, scambiati per qualcosa di necessario e imprescindibile. Insomma, senza doversi ingegnare tanto per interpretare i loro intendimenti, è facile comprendere come i Rise Above Dead prendano archetipi mitologici per spiegare la realtà dei nostri giorni. Da qui dovrebbe discendere un disco a sua volta nero, pressante, di quelli che schiacciano a terra in poche note e nel resto della loro durata rincarano la dose, portandoci emozionalmente e fisicamente sull’orlo del collasso. Invece, andando in parte contro l’idea che ce ne saremmo fatti leggendone il concept, “Ulro” è opera ben più distesa, variegata e misurata nelle impressioni uditive che lascia, giungendo in una durata molto ristretta – poco più di mezz’ora – a dire molte cose, facendole intuire, più che spiegarle.
Come accaduto per “Heavy Gravity”, i non detti e ciò che resta tra le righe è quasi più determinante di quanto appare in superficie e la profondità della musica e del suo messaggio emergono impercettibilmente, come se una marea si ritraesse e concedesse la visione a qualcosa che prima era totalmente celato. Il post-metal dei Rise Above Dead si è fatto lieve, smussato di ogni estremismo e spigolosità, è divenuto ancora più ragionato, rimanendo comunque spontaneo e genuino. A suo modo, semplice, spogliato di sovrastrutture e intellettualismi che in ambienti ‘post’ vanno spesso in sovraesposizione. Qui, al contrario, gli alti e bassi emozionali sono condotti mettendo la melodia in primo piano, le armonie descrivono stati d’animo tendenti al malinconico, ma lo fanno senza indulgere in un certo andamento troppo a lungo. Non c’è alcun desiderio di stupire, di dover ammaliare con esplosioni di suono fragorose oppure, sull’altro fronte, indulgere in rarefazioni sfinenti.
“Ulro” è notturno, umorale ma con equilibrio, intristito eppure niente affatto disperato, introverso senza voler essere ermetico e difficile a comprendersi. Tutt’altro, è album che nelle sue moderate dissertazioni, nell’intrecciarsi lieve di post-rock e metal, sa accordarsi naturalmente al divagare dei pensieri e delle sensazioni dell’animo umano, dandone immediata corrispondenza in note. Rimane molto di intangibile e di enigmatico in queste sei tracce ed è un bene, mantenendo un fascino raro a una proposta che potrebbe all’inizio apparire fin scarna, per alcuni aspetti. Ed ha invece una complessità di fondo che, proprio perché non la si percepisce subito, assume ancora maggior valore. Oasi di meditazione e rasserenamento al rincarar la dose dell’umidità estiva, “Ulro” è fatto per restare e non scivolare via dallo stereo troppo in fretta.