8.0
- Band: RIVERSIDE
- Durata: 00:55:44
- Disponibile dal: 28/09/2007
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: Audioglobe
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Erano molti i fan che aspettavano il nuovo lavoro dei Riverside, alla luce della qualità che ha sempre contraddistinto i lavori della band. Due full length ed un EP pubblicati fino a ieri, uno più strepitoso dell’altro, tanto da permettere alla band polacca di raccogliere una serie di elogi da stampa e pubblico da fare invidia ai più. Costruiti su un sound figlio del progressive più ragionato ed oscuro, i pezzi dei Riverside si intrecciano su se stessi, si trasformano, parlano di sé, con una malinconia talmente affascinante da lasciare di stucco. Un tripudio di sensi, quindi, che costituisce l’ossatura portante del nuovo “Rapid Eye Movement”, il terzo ed ultimo capitolo della trilogia denominata “Reality Dream”. Ora non ci resta che spegnere le luci, sdraiarci e lasciare che la musica parli per tutti. Ciò che si manifesta immediatamente è il chaos di “Beyond The Eyelids”, dove i cori eterei del mastermind Mariusz Duda si mischiano con le chitarre heavy di Piotr Grudzinski, ispiratissimo nel suo riffing, vicino in alcuni frangenti al particolarissimo sound dei Tool. Incredibilmente ci rendiamo subito conto che qualcosa è davvero cambiato: finalmente Mariusz ha voglia di cantare, di parlare. Ecco che finalmente troviamo una performance vocale che lascia molto meno spazio all’improvvisazione psichedelica rispetto a quanto proposto sui precedenti album. Un cambiamento, questo, che mette in mostra l’amore che la band prova per i Porcupine Tree, gli ultimi Opeth ed i Pain of Salvation, in ordine di ‘importanza ispirazionale’. Bastano questi tre nomi per esemplificare la proposta dei Riverside a chi dovesse aver perso il loro cammino, tuttavia il sound della band, seppur ancora derivativo, si sta lentamente delineando come vero e proprio trademark; un suono che sicuramente diventerà metro di paragone tra qualche album. Lo spessore culturale dei pezzi si fa importante nella sinistra “Rainbow Box”, dove risplende un ottimo intermezzo degno dei migliori King Crimson, nella ibrida “03 Panic Room”, una sorta di incontro virtuale tra la “Army of Me” di Björk e la strepitosa “Deadwing” dei Porcupine Tree. Con la tribale “Schizophrenic Prayer” tocchiamo da vicino quel “BE” che tanto ha diviso i fan dei Pain of Salvation, mostrando il lato più sperimentale della band polacca. La articolata “Parasomnia” conclude la prima parte dell’album, e ci lascia a “Fearland”, l’ultimo capitolo della trilogia iniziata con il primo album, introdotto dalla crepuscolare “Through The Other Side”, un vero e proprio omaggio all’oscurità e alla solitudine, qui rappresentata in modo esemplare da una band in stato di grazia. La successiva “Embryonic”, legata nell’anima alla precedente song, completa il lavoro di decompressione, prima di buttarci nella ritmata e precisa “Cyberneic Pillow”, sempre debitrice dei Tool, e nell’ultima piccola maratona, intitolata “Ultimate Trip”. La chitarra di Piotr Grudzinski detta legge, con le sue melodie sognanti, capaci di risvegliare gli animi più intorpiditi, portandoci per mano in un viaggio alienante, dove i fantasmi della voce di Mariusz Duda ci circondano, ci smuovono senza spaventarci. Ed in men che non si dica tutto è finito, proprio come in un bel sogno. E non a caso il titolo dell’album si riferisce ad una precisa denominazione scientifica. Una fase del sonno, quella REM (“Rapid Eye Movement”, appunto) dove l’attività del nostro cervello è massima, e l’unica realmente importante. Questo i Riverside lo sanno, e ce lo hanno dimostrato con questo strepitoso lavoro, un tassello imprescindibile nella storia del progressive contemporaneo. Senza REM, la vita e la musica sarebbero molto meno attraenti.