7.0
- Band: ROD SACRED
- Durata: 00:38:04
- Disponibile dal: 01/06/2023
- Etichetta:
- Metal Zone Italia
Spotify:
Apple Music:
Abbiamo perso, lungo la strada, molte band storiche, specialmente qui in Italia dove emergere dall’underground è sempre stato un problema. Salvo rarissime eccezioni, sono innumerevoli le storie di chi avrebbe dovuto raccogliere più di quello che ha avuto; ma anche di chi, fortunatamente, sta vivendo una seconda era dopo anni di stop. Death SS, Strana Officina, IN.SI.DIA, Crying Steel e pochi altri appartengono a questo secondo filone, nel quale ci piacerebbe scrivere, in futuro, anche il nome dei sardi Rod Sacred, tornati alla ribalta nel 2016 dopo diciotto anni di stop da “Sucker Of Soul” del 1998.
Con questo “Another Day”, il quartetto capitanato dagli storici Franco Onnis al basso e Antonio ‘Tony’ Deriu alla voce arriva alla quarta prova in studio nel suo pieno stile: heavy classicissimo fortemente influenzato, oltre che dai Judas Priest, anche dagli Scorpions. A giocare a favore dei cagliaritani, che vedono reclutati fra le loro fila i bravi Manu Pes alla chitarra e Mattia Mulas alla batteria, una produzione sicuramente all’altezza di un disco moderno e ben scritto, capace di far risaltare in modo molto chiaro gli assoli di Pes e i riff su cui si fonda l’intero lavoro. Una dichiarazione di intenti che si sente fin dalla title-track, in apertura all’album, e che continua fiera e gloriosa nella successiva “Freeman”, basata su un riff che più classico di così non esiste.
È bello sentire come la voce di Tony Deriu sia ancora all’altezza dopo tanti anni di militanza nel mondo del metallo, come in “The Ring is Broken”, velocissima cavalcata spinta da un magistrale pestaggio delle pelli e arricchita da buoni assoli, ma anche nelle due ballad “Land Of Pain” e “I Miss You”. Forse due pezzi lenti come questi ultimi sono troppi per un disco di soli otto brani, ma vengono in parte equilibrate da quel senso priestiano di “Try To Understand”, a nostro parere il pezzo più complesso ma anche più caratteristico dell’album. A chiudere, il classicismo di “No Regress” ci investe ricordandoci il meglio dell’heavy made in Italy della prima ora, dove i due nuovi arrivati in line-up di sbizzarriscono davvero impreziosendo il pezzo con il loro lavoro strumentale.
Insomma, “Another Day” è un buon disco: non è un lavoro perfetto, se non altro per la tracklist che ha ben due ballad abbastanza simili fra loro e per i riff già sentiti mille volte su altri album, ma è il segnale che i Rod Sacred stanno ancora bene e sono pronti a lottare per riprendersi il posto che gli sarebbe spettato, insieme a quelli citati all’inizio.