7.0
- Band: ROME
- Durata: 00:50:39
- Disponibile dal: 25/08/2023
- Etichetta:
- Trisol Music
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È da sempre noto l’interesse di Jerome Reuter, alias Rome, per le tematiche europeiste, e non sorprende quindi un album che, fin dalla grafica di copertina, si pone apertamente in appoggio all’Ucraina nel conflitto in corso.
Le “porte dell’Europa” evocate dal titolo sono chiaramente i confini ucraini, e l’omonima intro ci riporta al 24 febbraio 2022 con un tetro collage dai telegiornali di tutto il mondo – voci e commenti che tornano campionati in ampie parti del disco – prima di passare al contenuto musicale vero e proprio. Le coordinate sonore sono le solite, all’incrocio tra neofolk, dark music, i consueti richiami a certo cantautorato oscuro (i Bad Seeds su tutti, basti ascoltare “Whom The Gods Wish To Destroy”) e crescenti elementi accostabili all’indie/new wave di band come Interpol e Editors (“The Death Of A Lifetime”). I pezzi più intimisti e acustici sono come sempre il punto di forza di Rome (“Yellow And Blue”, “The Black Axis”), ma non mancano momenti più marziali e coinvolgenti: “Eagles Of The Trident” o la battagliera “The Brightest Sun”, in cui Jerome utilizza come ritornello “Slava Ukraïni”, noto e controverso saluto del popolo ucraino. Tra gli apici del disco citiamo “Marauder” e “Olenivka Rain”; nel primo caso l’apice è anche in termini di ascolto, data la posizione centrale, e abbiamo un brano scarno ma intenso, decisamente da brividi, mentre la seconda si configura come un ipnotico richiamo alla memoria degli orrori della Guerra.
Nel complesso, pur in un album che non deluderà i fan della band, è curioso come, parallelamente a testi molto intensi e sofferti, dato anche il tema così concreto, alcuni brani risultino meno incisivi rispetto al passato; “How Came Beauty Against This Blackness”, “Our Lady Of The Legion” e “The Ballad Of Mariupol”, per esempio, ripetono uno schema sempliciotto e passano via impalpabili. Poi, restando sul tema delle liriche, colpisce come il netto schieramento assunto da Reuter, per carità assolutamente coerente con il suo approccio, lasci poco spazio a un’idea di Europa ‘allargata’, di relazioni che abbraccino anche il mondo russo, a prescindere dall’attuale governo e dall’ovvia condanna di un’occupazione militare. Ma forse, come diceva un nostro conterraneo, sono solo canzonette ed è solo di musica che dovremmo parlare.