8.5
- Band: ROME
- Durata: 00:45:14
- Disponibile dal: 28/08/2020
- Etichetta:
- Trisol Music
- Distributore: Audioglobe
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Dopo un album cupo e dai toni mistico-leggendari come “Le Ceneri Di Heliodoro”, il progetto di Jérome Reuter cambia nuovamente forma, con un album che – per quanto sempre frutto della mente di Reuter stesso – assume un carattere corale e profetico. Ciò che salta da subito agli occhi di questo “The Lone Furrow” è infatti la massiccia presenza di ospiti di eccezione: Alan Averill, Nergal, Joseph Rowland dei Pallbearer, J.J. degli Harakiri For The Sky e infine Laure Le Prunenec dei Rïcïnn, ma anche spesso musa e cantrice delle visioni di Igorrr, oltre alla cupa e affascinante intro recitata dallo scrittore, regista ed esoterista Aki Cederberg. L’elenco è lungo ma necessario e quasi sufficiente a dare la misura di un lavoro ricco e complesso, in cui tra cadenze più tradizionalmente folk e brani marziali, i Rome ci trasportano per l’ennesima volta in un tempo sospeso e atavico, da perfetti narratori dell’Era Oscura che, come semplici pedine umane, ci troviamo a vivere. E del resto esplicitato appieno nella bellicosa ed evocativa “Kali Yuga Über Alles”.
Come sempre, prevalgono cadenze acustiche e vibranti, in cui si leggono sempre le influenze originali e più che confessate di Jérome (da Nick Cave ai Death In June), ma anche il suo tutt’altro che sopito amore per il metal e le sonorità più estreme, ovviamente declinate più in termini di atmosfera e contenuti lirici che non quanto a dimensione sonora. Parliamo comunque della ventesima pubblicazione (inclusi i mini) per l’artista lussemburghese, e ormai una sua cifra stilistica è più che assodata, anche se colpisce la varietà caleidoscopica con cui declina i suoi racconti, e come sappia usare al meglio le potenzialità degli amici a cui ha chiesto manforte. “Ächtung, Baby!” vede quindi Alan dei Primodial prestarsi a un duetto dalle forti tinte ritualistiche, mentre Rowland dipinge di oscure tinte doom un breve e soffocante intermezzo, “Making Enemies In The New Age”, cui fa da contraltare più avanti “The Weight Of Light”: un brano che fa percepire un’alba accecante, e che ad occhi chiusi richiama anche quel capolavoro visivo di “Midsommar”. Con Nergal, invece, Reuter trova la sintesi tra i suoi momenti più apocalittici e il cantautorato, assimilando anche la lezione stessa dei Me And That Man, pescando uno degli esiti più ‘catchy ‘del disco, assieme a “On Albion’s Plain”, senza perdere un briciolo di profondità. Tra gli altri brani senza ospitate, la delicata “The Twain” sposta l’asticella in territori da world music, mentre in “The Lay Of Iria” Reuters e J.J. creano un brano di vaudeville virato al nero, quasi straziante, mentre in “Palmyra” il duetto con la gorgheggiante Laure stravolge Jacques Brel e gli chansonnier (lingua francese compresa) con risultati mirabolanti e spruzzi che si riverberano in forma più moderna nel brano seguente.
“The Lone Furrow” è il solco che divide solo virtualmente ma anche concretamente i popoli, come il pomerio romano, ma anche e soprattutto noi stessi dagli altri esseri umani; ecco perché l’ascolto di questo disco è una dolorosa necessità per guardarsi dentro, preferibilmente a luci spente, e seguire il corso dei propri pensieri e delle proprie emozioni.