7.0
- Band: ROTTEN SOUND
- Durata: 00:29:00
- Disponibile dal: 18/03/2016
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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Con “Abuse to Suffer” i Rotten Sound proseguono nel loro percorso di distruzione senza alcun cambiamento o distrazione. Sono passati tre anni dalla loro ultima prova in studio (l’EP “Species at War”), ma il tempo non ha influito sul loro stile e la loro attitudine. Chi conosce bene il gruppo ormai saprà esattamente cosa aspettarsi: è da “Murderworks” che i finlandesi affinano il loro grindcore e ne esplorano ogni anfratto. Quel disco ha presentato il prototipo della proposta targata Rotten Sound: da allora, prima con il capolavoro “Exit” e poi con altri lavori validissimi come “Cycles” e “Cursed”, Mika Aalto e soci hanno acquisito massima familiarità con la formula coniata, confermandosi ad ogni appuntamento un vero e proprio pilastro della loro scena. “Abuse to Suffer” rispetto ai suoi predecessori impressiona un po’ meno – vuoi perchè lo stile è ormai ampiamente codificato, vuoi perchè in questo campo sta diventando sempre più difficile proporre dei riff davvero freschi – ma la cura e la padronanza che la band riesce ad esprimere restano comunque fuori discussione. Di nuovo, non si può fare a meno di notare come i Rotten Sound siano una delle poche grindcore band a mettere sempre davanti a tutto il concetto di canzone: le ritmiche e il lavoro di chitarra, ad esempio, sono sempre studiati in modo che ad una esplosione di rabbia segua sempre un momento di (relativa) tregua. Forse anche perchè composto da grandi appassionati di old school death metal, il gruppo ha a cuore il dinamismo dei propri brani: ne sono sempre una prova i puntuali rallentamenti, magari conditi da spezie sludge e hardcore, oppure i suoni naturali scelti in sede di produzione. Basta sentire tracce come “Slave to the Rats” o “Cannon Fodder” per accorgersi di come il quartetto non abbia assolutamente sottovalutato l’impegno. Certo, qui non troviamo una lunga serie di piccole perle come nei capitoli precedenti, ciò nonostante la mezzoretta dell’album si lascia comunque ascoltare con notevole piacere. “More of the same”, ma sempre con un occhio alla qualità.