7.5
- Band: ROTTING CHRIST
- Durata: 00:51:30
- Disponibile dal: 26/08/2002
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Self
Spotify:
Apple Music:
“Genesis” è l’album che i Rotting Christ avevano bisogno di scrivere da tanto – troppo – tempo, per risorgere da quel periodo buio apparentemente senza uscita in cui erano incappati subito dopo il loro passaggio a Century Media ed una sequela di lavori fiacchi e fondamentalmente mancanti di sincerità come “A Dead Poem” e “Sleep Of The Angels”. La storia della band greca si perde tra le pieghe del tempo, in una prima parte completamente votata ad un black/death metal ispirato e visionario, fiero erede della complessa ed irreprensibile tradizione mistica e della plurimillenaria civiltà del mediterraneo orientale, ed in un secondo momento in cui la violenza e l’intraprendenza di certe tematiche e sonorità trattate in capolavori come “Satanas Tedeum”, “Thy Mighty Contract” e “Non Serviam” lascia spazio ad un più accessibile gothic metal mutuato dai Moonspell di “Irreligious” prima, e sonorità futuristiche con vistosi richiami ai Samael di “Passage” e “Eternal” poi, seguendo un po’ lo stesso percorso intrapreso dai connazionali Nightfall, Septic Flesh e On Thorns I Lay. Dopo un ostentato e comunque parziale ritorno alle radici nel precedente e mediocre “Khronos”, i Rotting Christ riescono finalmente a firmare un nuovo (quasi-)capolavoro che, nonostante non si traduca esattamente in un recupero di quelle sonorità che avevano caratterizzato le prime e stupefacenti release, riesce a stanziarsi come un assai più credibile compendio di tutte le varie sfumature accennate in questi anni, giungendo dunque ad un’amalgama inedita per struttura, forma e colore. “Genesis” è infatti un lavoro che nei suoi pur tanti cromatismi può comunque considerarsi assai compatto e frutto di un’ispirazione costante e mai forzata; è ciò che accade di ascoltare nelle due tracce di apertura, le eccellenti “Daemons” e “Lex Talionis”, un riffing fresco ed originale abbinato a delle ritmiche ed un certo modo di intendere il death/black metal a cui Sakis e soci ci avevano abituato fino a quel “Triarchy Of The Lost Lovers” – che fu, in un certo senso, faro e spartiacque della loro storia discografica – o che è possibile ravvedere, in episodi dalla struttura assai complessa ed elaborata come “Ad Noctis”, “The Call Of The Aethyrs” e “Under The Name Of Legion”, elementi esotici ed inconsuete figure ritmiche che, fin dai tempi dell’EP “Passage To Arcturo”, iniziarono a caratterizzare il songwriting dei nostri. Richiami invece al periodo immediatamente successivo al passaggio su Century Media sono presenti un po’ ovunque in tracce come la superba “Quintessence”, “Dying”, “Nightmare” e “Release Me”, nelle quali però permane sempre e comunque quel feeling oscuro e mistico che pervade l’intera opera, e che quasi ci permette di dimenticare i passi falsi di “Sleep Of The Angels” e “Khronos”, imbastendo un ponte temporale direttamente laddove il monumentale “Triarchy Of The Lost Lovers” ed il primitivo logo sembravano essere stati sotterrati dalla grave mole del tempo silente, attonito, senza soluzione alcuna. Nell’insieme si tratta di un’opera estremamente variegata e comunque riuscitissima, che non raggiunge la perfezione solo a causa di una manciata di episodi nella parte centrale del disco che si assestano ‘soltanto’ nella media, confrontati con il tenore delle restanti tracce. Un sincero bentornato ai Rotting Christ: speriamo che finalmente abbiano trovato la ‘retta’ via…