7.0
- Band: RUIN LUST
- Durata: 00:29:25
- Disponibile dal: 13/03/2020
- Etichetta:
- 20 Buck Spin
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Approdati alla 20 Buck Spin, fiera motrice underground, i newyorkesi Ruin Lust escono con un macinato di war metal bestiale e sulfureo: un attacco barbarico dove trame black e death, rigorosamente old-school, si prendono a pugni nello stomaco dal primo all’ultimo minuto, chiamando in causa band quali Blasphemy, Bestial Warlust e Abominator. Attivo dal 2011, con “Choir Of Babel” il quartetto statunitense arriva al suo terzo lavoro ufficiale: al banco di regia, pelli e voce, Michael Rekevics che con i Ruin Lust si apre ad una nuova visione del nero metallo. Più melodico nei Vanum, più atmosferico nel progetto del tutto personale Vilkacis, il batterista americano si lancia, insieme ai tre compagni di viaggio, in un assalto feroce ed impetuoso dove riff di chiara matrice black primordiale si aggrovigliano ad un growl soffocante e distruttivo come una minaccia di frastagliata complessità, senza comunque scomparire in una confusione rumorosa. Un tratto distintivo che compare, a mo’ di sigillo, anche sulla stessa cover del nuovo full-length, bollando di rosso un tunnel tetro e tenebroso; una scintilla velenosa ad impreziosire qualitativamente la furia disseminata lungo tutti e cinque i brani.
Il ritmo tribal-desolante della titletrack è solo una rincorsa in attesa del tuffo decisivo negli abissi più infernali, dove maligni e spiazzanti riff si incuneano spinosi tra i ritmi deliranti imposti dallo stesso Rekevics, mentre il miscuglio vocale lacera l’aria di violenza putrida. I toni annaspano nella più articolata “Prison Of Sentient Horror”, pesante e grezza al punto giusto fino alla parte centrale quando uno scatto d’ira aumenta il vortice di sporcizia sul quale i riff stendono il proprio tugurio di malignità. Il carico d’odio s’inasprisce ulteriormente con la successiva “Worm”, mentre in “Bestial Magnetism” una coltre di ruvida nebbia sonora infittisce l’aere già putrefatto, impartendo una trama ipnotica ed avvolgente. Il rischio di cadere nel classico turbinio monocorde viene parato dalla durata, giusta, dell’album e la conclusiva “Rite Of Binding” sintetizza al meglio la proposta dei Ruin Lust prima che l’oblio scenda sovrano sulla scena, imperante e letale. La 20 Buck Spin ha trovato nuovi adepti per rafforzare la propria squadra. Da farci un pensierino.