6.5
- Band: RUMAHOY
- Durata: 00:38:26
- Disponibile dal: 09/02/2018
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Avete presente quella che, in un film di qualche anno fa, è stata definita come “L’imprevedibile virtù dell’ignoranza”? Ecco, quest’ultima nella musica Metal si può manifestare in numerosi modi a seconda anche del genere proposto. Sicuramente, sulla base di ciò, gli americani Rumahoy hanno tutte le carte in regola per attirare l’attenzione di tutti quegli ascoltatori amanti di birra, pogo e costumi improbabili che spesso incontriamo nei festival orientati verso il folk metal e derivati; la loro proposta prende infatti spunto da numerose band del genere tra le quali spiccano indubbiamente gli scozzesi Alestorm, sia per quanto riguarda la componente musicale, che ricorda decisamente sotto pressoché ogni punto di vista quella della band di Perth, sia per quella evidente attitudine da pirati nerd vogliosi di fare festa bevendo birra e giocando a qualche strampalato gioco di carte in stile Magic per passare il tempo tra una pinta e l’altra. Pensate che il legame tra le due band è in verità cosa abbastanza nota a chi ha spulciato un pochino nell’ambiente underground, dal momento che questi quattro festaioli di Ocracoke si sono definiti ‘la migliore true Scottish pirate metal band del mondo’, in chiaro riferimento strafottente ai loro colleghi situati oltreoceano, che invece li hanno definiti ‘la SECONDA migliore true scottish pirate metal band del mondo’. Questi americani però sono ancora più incisivi nella loro mascherata, tant’è che persino la loro biografia è scritta come se fosse un racconto comico/piratesco e, anche per questo, non siamo riusciti a risalire alle vere identità dei membri dei singoli musicisti, che si mostrano per altro quasi sempre con addosso una sorta di passamontagna abbinato ai costumi da pirata; conosciamo solo i loro nomi d’arte (se così possiamo definirli) e il fatto che tutti e quattro affermano di provenire anch’essi originariamente dalla Scozia rappresenterebbe un altro legame coi sopracitati Alestorm, rispetto ai quali potremmo dire che l’unica ulteriore differenza sostanziale – musicalmente parlando – risiede nella voce del capitano/vocalist Yarrface, decisamente più bassa e ruggente rispetto a quella del buon Christopher Bowes. Detto tutto questo, affermiamo senza alcun dubbio che l’album qui analizzato non è affatto sgradevole, anzi, risulta un ascolto relativamente breve e piuttosto divertente, con pezzi più cadenzati e danzabili come “Forest Party” e l’ignorantissima “Netflix and Yarr”, che cita il famoso sito streaming tanto caro a molti cinefili e nerd oggi giorno, e altri più veloci e violenti da moshpit sfrenato come “The Haitian Slam” e la cortissima “Kill the Trolls”; mancano sicuramente dei picchi particolarmente elevati e in generale delle motivazioni diciamo ‘colte’ per emozionarsi durante l’intera durata della tracklist, ma il divertimento non manca e l’ascolto scorre via che è un piacere, sempre se si è disposti a chiudere un occhio sulla quasi eccessiva somiglianza con i più famosi Alestorm (principale motivazione che ci ha portato a ridurre leggermente il voto) e, soprattutto, se si è propensi a vedere il metal come un genere musicale in grado anche di far ridere e divertirsi in compagnia nel modo più caciarone possibile, smettendo anche solo per una sera di prendersi sul serio, cosa che certi metallari dalla mente un po’ chiusa non sembrano proprio essere in grado di fare.