8.5
- Band: RUSH
- Durata: 01:02:48
- Disponibile dal: 01/05/2007
- Etichetta:
- Atlantic Records
- Distributore: Atlantic Records
Spotify:
Apple Music:
Trent’anni di carriera suonati da un pezzo, diciotto album in studio, miriadi di concerti che li hanno portati a suonare in lungo e in largo, migliaia di supporter appassionati in tutto il mondo, numeri da capogiro che tuttavia non scalfiscono l’ispirazione perpetua di cui i Rush sembrano cronicamente affetti. Se arrivati ad una certa età, molte band puntano tutto sul fattore live, relegando le nuove composizioni ad una sorta di scusa per dare un senso alle tournée mondiali, come lasciano intuire le setlist zeppe dei soliti grandi classici, i tre musicisti canadesi se ne infischiano degli anni che passano, portando avanti con straordinaria dedizione entrambe i discorsi. Diciassette album alle spalle pesano, eppure “Snakes And Arrows”, come si poteva dire per i precedenti, non suona uguale a nessuno di essi, certo, alcune atmosfere del periodo “Test For Echoes”, le melodie di “Roll The Bones” e persino “Presto” vengono citate nell’amalgama musicale dell’ultimo nato, ma chissà quanti altri piccoli richiami al passato avrete notato, tanto che se ne potrebbe parlare all’infinito. Il diciottesimo sigillo dei Rush invece ci ricorda subito che siamo nel 2007, già dalle prime note apprezziamo la produzione cristallina di Nick Raskulinecz (già con System Of A Down, Marilyn Manson e Foo Fighters), che non lascia dubbi a riguardo e ci proietta tra le note del singolo “Far Cry”, diretto e contagioso nel giro di basso, diventa irresistibile grazie al superbo crescendo bridge-ritornello. La successiva “Armor And Sword” riesce a bissare il successo giocando però sul contrasto tra bridge “heavy” e l’apertura sognante, disincantata di un refrain da brividi, “Workin’ Them Angels” non lascia scampo, con la chitarra acustica di Lifeson in primo piano che disegna linee rock per l’ugola di Geddy Lee. “The Larger Bowl” ci ricorda come siano le chitarre le vere protagoniste di “S.A.A.”, in particolare la componente acustica è spesso fondamentale e ispiratrice, tanto da poter profetizzare un ipotetico unplugged dal vivo in un prossimo avvenire. Nel frattempo “Spinrift” ci mostra il lato più oscuro del disco con un mood nervoso nelle ritmiche ed un cantato aggressivo e la strumentale “The Main Monkey Business”, anch’essa da citare fra le migliori, farà la felicità degli estimatori della componente più progressiva del gruppo di Toronto, con un Neil Peart protagonista di un drumming a dir poco fantasioso. Nella seconda parte la tensione non cala di una virgola, con picchi emotivi nelle ottime “Bravest Face” e “Good News First”, che, pur denotando atmosfere differenti, ci ricordano un altro tema ricorrente di “Snake And Arrows”, ovvero i contrasti. Ormai abbiamo la certezza: i Rush hanno centrato l’ennesimo bersaglio, lo fanno con un disco ricco di chiaroscuri, sovraincisioni e particolari da apprezzare nel tempo, eppure allo stesso tempo diretto e avvincente sin dal primo ascolto. Effetti speciali che riescono solo ai fuoriclasse.