7.5
- Band: RUSSIAN CIRCLES
- Durata: 00:44:10
- Disponibile dal: 05/08/2016
- Etichetta:
- Sargent House
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Coi Russian Circles si intersecano diversi filoni di critica, che si possono riassumere principalmente per comodità di preambolo in due cordoni: coloro che mettono in primo piano l’appartenenza della band ad un canone prestabilito di un livello ormai ad ampio raggio, e quelli che cercano invece uno spiraglio di novità, di sperimentalismo, di virata verso lidi sempre più nuovi e sempre più intriganti. Per i secondi, purtroppo, gli ultimi ascolti della band dell’Illinois erano quindi stati qualcosa di altamente noioso, evitabile e ben poco coraggioso, ben lontano dalla fierezza underground in cui si erano sviluppati e avevano dato certi risultati. Certo è, per tornare su una linea comune, che i Russian Circles hanno deciso di impostare il proprio essere su coordinate ormai stabili, definite e definitive, fatte di quello che ti aspetti avvenga nel pezzo e cercando di farlo sempre in maniera più appropriata e massimizzante l’aspetto evocativo e di effetto diretto. “Guidance” assume infatti le coordinate stesse di questo percorso, un percorso fatto di una strada dritta, senza deviazioni, senza contorni cangianti, senza scorciatoie o nuove mete. L’interessante connubio di botta e fermento musicale che c’era stata con un album come “Geneva” o con “Empros” non è più cosa da mettere sul piatto per i Russian Circles. “Guidance” è la cristallizzazione dell’intenzione degli americani di diventare i paladini del canonico post-metal strumentale, potente, diretto, incisivo, evocativo e massificato all’estremo. La produzione di Kurt Ballou e dei suoi studi è infatti qualcosa che difficilmente potrà definirsi diversamente dall’impeccabile: i suoni (vedi quelli di “Lisboa”) escono con una lucidità e una veemenza impareggiabili, e anche qui le compressioni e il lavoro di sound engeneering giocano la parte più significativa dell’impatto del nuovo disco dei Russian Circles, enfatizzando le dinamiche in maniera potente e raffinata. Difficile definire brani come “Vorel”, “Mota”, “Afrika” e “Calla” come un qualcosa di raffazzonato o semplicemente pleonastico alla luce della carriera della band, anche se gli aspetti di immaginario, contorno e spiritualità vengono messi ancora di più in secondo piano. Per i Russian Circles ormai conta l’affermazione a paradigma di genere e per fare questo l’aspetto secondo del nostro preambolo viene quindi immancabilmente a scomparire, così come l’interesse che può conseguire verso intenzioni così chiare. Per coloro che ascoltano “Guidance” come l’album che in realtà è e vuole essere, invece, siamo di fronte all’album di genere che si fissa come must definitivo nella discografia della band di Chicago: i brani sono tutti della medesima lunghezza, tra i 5:30 e i 6:30 (tranne l’introduttiva “Asa” che dura poco meno), girando intorno a quel lasso di tempo in cui buttare giù tutto, distorto e pulito, crescendo e pacca, ritmica e arpeggio. Un brano come “Afrika” diventa il centro del disco e del discorso: nulla di eccessivamente prolisso, ma dove il labor limae viene a confluire in un brano diretto, senza eccessi, senza sperimentazioni, senza quella che potrebbe essere l’ombra di niente che non vada sul già sentito e già assimilato, ma che giunge ad un compendio di quello che è diventato il post-metal dei Russian Circles di oggi. E non potrebbe probabilmente esserci forma migliore per venire inquadrato in questo status. Batterie, basso e chitarra si fondono in un impasto massiccio e implacabile come la frana montuosa e percussiva di un fenomeno sismico, in una capacità di arrangiamento che a questo punto è difficile attribuire ad una band non di professionalità ben elevata. Gli Explosions In The Sky del post-metal sono qui e lo vogliono dire francamente, scansando Pelican e compagni passati. Ci sarà chi ancora una volta storcerà il naso, forse a ragione, forse a torto, e chi decisamente osannerà il sesto album dei Russian Circles come uno dei canoni di genere di quest’anno.