5.0
- Band: RUSSIAN CIRCLES
- Durata: 00:37:03
- Disponibile dal: 29/10/2013
- Etichetta:
- Sargent House
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“Empros” risultava funzionale nell’arduo compito di ridare linfa vitale ad una band – e soprattutto ad un genere – che sembrava essersi persa sulla strada di una illusoria sperimentazione mai completamente concretizzata, anch’essa lentamente schiacciata dalle nascenti ondate del nuovo black metal e dalle inedite sonorità doom e noise che hanno letteralmente invaso l’underground nel corso degli ultimi anni. Il disco funzionava proprio perchè semplice, svincolato da inutili virtuosismi in una sede compositiva molto più attenta al raggiungimento armonico finale che non ad inutili tessiture di trame post-rock trite e ritrite. Ora, giusto per smentire quanto di importante era stato fatto, i Russian Circles ci ripensano, inabissandosi in un letale anonimato dal quale sembravano definitivamente usciti. Lo fanno nella maniera più banale e semplicistica che ci sia, quasi come se non ci fosse un domani, come se anche loro abbiano smesso di credere alle proprie reali potenzialità in studio. “Memorial” è un album scialbo e privo di mordente, completamente estraneo ad ogni tipo di tradizione o di unione d’intenti, per nulla incisivo. Negli appena trentasette minuti confezionati, la band incappa in tutte quelle che sono le sue grosse lacune, da quella sconclusionata voglia di andare a cercare l’atmosfera ad effetto ad ogni costo e al conseguente uso di soluzioni “progressive” di seconda fascia che speravamo essere defunte con il riuscito predecessore. A conti fatti, i brani meglio riusciti sono anche quelli più basilari, come l’elettronica “Ethel” e i suoi quattro minuti di crescendo armoniosi, o i cullanti arpeggi mediterranei di “Cheyenne”; un fattore preoccuopante se pensiamo al buon repertorio di riff e distorsioni gravi che i Nostri sono riusciti a confezionare sino ad oggi. Tutto sembra inspiegabilmente semplificato e inefficace, forse per dare risalto ad una componente atmosferca che personalmente troviamo comunque inadeguata e sicuramente degna di poche attenzioni; questo anche all’altezza della titletrack, l’ultra annunciata collaborazione con Chelsea Wolfe, un brano onirico e epicheggiante, sicuramente non brutto, ma che assume il ruolo di una precisa martellata sul cranio messo in quella posizione di coda nella tracklist, dopo un susseguirsi di tracce così deboli. Questa band ha sempre vissuto all’ombra di altri colleghi illustri, come possono essere Isis o Pelican, e, forse, solo ora riusciamo a comprenderne il reale motivo: il post-rock vive di insiemi e di legami, i singoli contano poco e la reale forza-motrice di un lavoro scaturisce da un inspiegabile legame tra il musicista e le proprie sensazioni, dall’abilità di trasmettere tutto ciò a quell’ascoltatore sgombro da pregiudizi. Questo, i Russian Circles, lo sanno fare piuttosto bene sopra un palco, davanti ad una stretta cerchia di persone, molto meno quando il sipario cala, quando lo studio prende posto a quel vissuto concerto in presa diretta. “Memorial” lo conferma, assestandosi come punto più basso della carriera dei Nostri.