5.5
- Band: RUSTLESS
- Durata: 00:55:39
- Disponibile dal: 22/04/2014
- Etichetta:
- Buil2kill Records
- Distributore: Audioglobe
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A quattro anni dalla pubblicazione del gradevole “Silent Scream”, i Rustless incidono il terzo capitolo della propria carriera, che palesa con una coerenza invidiabile la fede e l’amore nei confronti dell’hard rock suonato con il cuore ed i giusti attributi. La band nostrana difatti vanta tra le sue fila ben tre ex componenti dei Vanadium: il tastierista Ruggero Zanolini, il batterista Lio Mascheroni ed il chitarrista Stefano Tessarin. Affiancati in questa occasione dal bassista Emanuele Panza e dal cantante Roberto Zari, i Nostri incidono il lavoro meno ispirato della loro pur breve discografia. “Guardian Angel” è un disco complessivamente opaco, penalizzato da un songwriting altalenante e a tratti dispersivo. Il songwriting appare nel suo insieme sfocato, incerto e complessivamente poco incisivo, salvato in calcio d’angolo in qualche occasione dal mestiere e dall’indiscutibile potenziale dello storico trio meneghino. Non aiuta poi di certo l’ugola intonata ma, a conti fatti, anonima di Zari, che si rivela incapace di conferire la necessaria grinta ad episodi che ne avrebbero realmente bisogno. Considerando la bravura e la notevole esperienza accumulata negli anni dai Nostri, troviamo comunque qualche lampo di classe nell’incalzante “A New Beginning”, che appare come un riuscito tributo ai bei tempi andati del vanadio. L’irruenza abbagliante di “I Don’t Care” viene inizialmente enfatizzata dai poderosi synth del bravo Zanolini, per poi scivolare via in una narrazione evanescente. La caleidoscopica “Coming Home” contiene al suo interno un marcato gusto funky che strizza l’occhio al sound caldo e sensuale della disco music che imperava alla fine degli anni Settanta. I chiaroscuri affrescati con gusto, classe e discrezione dalla malinconica title track, ci regalano finalmente un episodio in grado di lasciare il segno. Il resto della scaletta scorre via liscio come un bicchiere d’acqua naturale ed è un peccato, in quanto siamo consapevoli del potenziale inespresso dal groove ruspante di “Remember Your Name”, dalla strumentale “No Frontiers” o dallo straniante eclettismo di “Thoughts”; un cantante differente e degli arrangiamenti più opportuni avrebbero contribuito a rendere questo ritorno in pista decisamente più avvincente.