7.0
- Band: RUXT
- Durata: 01:09:40
- Disponibile dal: 30/05/2022
- Etichetta:
- Diamond Productions
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Sono trascorsi circa due anni e mezzo da quando i Ruxt pubblicavano l’album “Labyrinth Of Pain”, durante i quali la band ha lavorato a questo nuovo full-length, intitolato “Hell’s Gate”, nel quale si possono riscontrare alcune significative novità. Anzitutto, la line-up viene rivoluzionata per l’ennesima volta: la formazione diventa a quattro e dei membri precedenti rimangono i soli Stefano Galleano e Steve Vawamas (Athlantis, Mastercastle, Bellathrix e molti altri). Inoltre, dal punto di vista stilistico, si assiste ad un deciso indurimento dei suoni: in passato la band, pur essendo riconducibile in linea di massima ad un ambito hard rock, si avvicinava comunque anche a sonorità metal. Adesso, però, sono quest’ultime a prendere decisamente il sopravvento, con un approccio, almeno dal punto di vista prettamente strumentale, decisamente più orientato verso un heavy ottantiano, talvolta con forti venature doom, che potrebbe far pensare ad una sorta di incontro tra Judas Priest e Candlemass. Insomma, una piccola svolta, che porta la band a suonare brani pieni di riff, nei quali la chitarra di Galleano si erge protagonista sia come ritmica sia in occasione dei suoi tanti pregevoli assoli. Dal punto di vista vocale, viene scelto come cantante Davide Dell’Orto (Drakkar, Athlantis, Verde Lauro), un singer che apprezziamo molto, ma che in verità in diversi brani del disco non ci ha particolarmente convinti: se sicuramente è ottimo con acuti e con note alte, va anche detto però che in varie canzoni si impegna per ottenere una voce che suoni ‘cattiva’, con risultati che appaiono tuttavia talvolta alquanto forzati o comunque con un effetto non particolarmente gradevole all’orecchio di chi ascolta. Si riscontra però altresì come in altre canzoni la cosa gli riesca invece molto bene (ad esempio nella titletrack o in “I’ve Been Losing You”), quindi ci viene da pensare che si potesse fare effettivamente meglio sotto questo punto di vista.
“Hell’s Gate” è un disco dove i Ruxt puntano più che mai sulla potenza e questo è reso possibile grazie prima di tutto ad una sezione ritmica molto solida e affidabile, dove all’esperto Vawamas viene affiancato alla batteria l’ottimo Maurizio De Palo (Hungry Daze). Questo non significa però che la band rinunci ad altre componenti del proprio sound: ad esempio, c’è una buona vena melodica nei refrain di tracce come la già citata “I’ve Been Losing You” ma anche in “The Musk I Live In” o “Little Girl”; oppure, in alcune canzoni ritroviamo inserti di piano, tastiere o hammond (“Free”, “Heartless”, “Vikings”). Diciamo che, in effetti, la maggior parte dei brani, pur presentando una struttura tutto sommato alquanto lineare, sono arricchiti da tanti elementi o piccoli intermezzi, tanto che la durata media è pure piuttosto lunga. Un discorso a parte merita la conclusiva “Vikings”, che sfiora addirittura i dodici minuti di durata, dove ancora di più viene dato spazio a giri di piano, valanghe di riff, cambi di ritmo e assoli a iosa, esaltando effettivamente tutto quanto si era potuto ascoltare fino a quel momento.
“Hells’ Gate” potrebbe probabilmente (almeno in parte) spiazzare chi aveva fino adesso seguito i Ruxt (così in verità è stato anche per noi, almeno al primo impatto), però sappiamo ormai che si tratta di una band che non ama realizzare dischi-fotocopia e che preferisce piuttosto sperimentare per ogni full-length qualcosa di diverso rispetto al precedente album. Inoltre, soprattutto, si tratta di un lavoro che va assaporato senza fretta per poter essere meglio apprezzato.