6.5
- Band: RWAKE
- Durata: 00:52:47
- Disponibile dal: 27/09/2011
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Masterpiece
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L’ultima band “storica” rimasta nel roster della Relapse Records dei tempi d’oro torna in pista a quattro anni di distanza da quel “Voices Of Omens” che aveva messo i Rwake sulla mappa del migliore sludge metal del nuovo millennio. Il successore qui descritto, “Rest”, fin nel titolo evoca un profondo senso di rilassatezza e pacatezza da parte dei nostri, e il disco mostra la volontà della band di volersi risvegliare dal torpore di questi ultimi quattro anni di inattività per darsi una spolverata e una rinfrescata, piuttosto che rimettersi in pista del tutto e fiondarsi in un nuovo inizio, con traiettorie nuove o con un ipotetico slancio sul piano di nuove idee. La band ha dunque prestato grande attenzione ai suoni e agli arrangiamenti di questo nuovo album, nei quali si scorge nitidamente la innegabile progressione tecnica dei nostri ed una confidenza di rado mostrata prima nell’affrontare momenti più intricati e impegnativi, per aumentare pressochè ovunque il carico progressivo e pischedelico del lavoro. Le ritmiche insomma si raccolgono e si compattano, i tempi del lavoro si fanno più serrati e fluidi, facendo virare il sound dei Rwake più lontano dalle tipiche sonorità sludge, doom, noise e death-blues alle quali ci avevano abituati fino ad oggi. La band ha preferito controllare il feedback, armonizzare il proprio sound e riempire i vuoti di rumore con arrangiamenti veri e propri, suonati e strutturati, che di rado lasciano spazio a quel desiderio di disgustare e tormentare con il feedback, che i nostri mostravano durante il decennio scorso. I Rwake insomma sembrano aver misinterpretato la loro neo-acquisita progressione tecnica, e sembrano averla utilizzata più per disincrostare il proprio sound e per fare pulizie inutili un pò ovunque, creando più nitidezza e ordine all’interno delle loro strutture compositive, e indulgendo troppo in momenti eccessivamente ponderati invece di convogliare queste armi in più a disposizione per rinforzare la propria carica distruttriva e nichilista così dirompente agli esordi. A questo punto, la performance non certo da tenore (come è lecito e ovvio che sia nel campo dello sludge metal sudista) del vocalist C.T. stride maggiormente contro il suono più ripulito e aggraziato della sezione strumentale, e le varie pecche che costellano la prova del vocalist risultano ancora più evidenti e creano un generale senso di perdita di trazione. In generale, i Rwake sembrano aver voluto optare per una formula più prossima a quella dei primi Mastodon o dei Baroness, forse per non restare sempre uguali a se stessi a dimenarsi per il resto della loro carriera nella ripugnante pozza del southern sludge metal dalla quale sono emersi. Il tentativo, tutto sommato, è apprezzabile e in molti frangenti anche godibile e ben riuscito. Il problema però è che quel sound e quell’humus dal quale sono nati era la loro placenta, il loro cordone ombelicale, il loro giunto simbiontico che dava loro nutrimento e con il quale erano in sintonia quasi materna. Se i Rwake vogliono liberarsene dovranno anche inevitabilmente correre ai ripari e tappare i vari buchi che con “Rest” sono emersi per via di questa subdola ma apparente metamorfosi. Per ora un nulla di fatto, cosa che già di per sè non è certo un risultato eclatante, ma qualcosa è innegabilmente in atto. Promossi con riserva.