7.5
- Band: RWAKE
- Durata: 00:54:05
- Disponibile dal: 14/03/2025
- Etichetta:
- Relapse Records
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Chi avrebbe mai pensato che dopo quasi quindici anni avremmo rivisto tornare gli Rwake (pronunciato “wake”), band dell’ Arkansas che dopo l’ottimo “If You Walk Before You Crawl You Crawl Before You Die” si era fatta strada fino ad approdare alla corte della sempre attenta Relapse Record con un disco meraviglioso come “Voices Of Omens”, vero concentrato di sludge metal fangoso dall’attitudine rituale e blueseggiante.
Il successivo “Rest” aveva però deluso le aspettative con un cambio di rotta non proprio riuscito, e dopo il quale del gruppo si persero le tracce – fino ad oggi, per lo meno.
Figli della corrente post-metal del primo decennio dei Duemila, i Rwake fanno parte di quella schiera di band come Minsk e Unearthly Trance il cui suono prendeva in parti uguali il marciume dello slugde, le influenze blues della cultura americana e la psichedelia, risultando in una alternativa originale e pregna di malessere al classico suono di Neurosis, Culti Of Luna e Isis.
Questo “The Return Of Magik”, pubblicato ancora una volta da mamma Relapse, riprende nel migliore dei modi il mood di “Voices Of Omens”, evolvendolo con le intuizioni progressive del successivo “Rest” ma in una maniera molto più convincente e in grado di dimostrare una visione di intenti molto più a fuoco.
Prodotto ancora una volta dal fido Sanford Parker (Minsk), ogni suo brano vibra di un suono molto più organico e naturale, meno freddo rispetto al precedente album ma comunque sufficientemente definito da riuscire ad evidenziare ogni dettaglio. E di dettagli ce ne sono parecchi, sparsi per tutta l’ora scarsa di durata: abbracciano mood differenti, spesso inquietanti, come nella traccia di apertura “You Swore We’d Always Be Together”, dove le pesantezze sludge vengono in parte mitigate da un ottimo lavoro di chitarra solista ad opera del nuovo entrato Austin Sublett, con la sua anima blues al soldo di strutture progressive mai troppo cervellotiche.
Più viscerale e tribale, invece, il brano che dà il titolo all’album, che rispolvera i Neusosis di metà carriera (con tanto di qualche influenza post-hardcore) e li dà in pasto all’estro chitarristico di band come Mastodon o Baroness; trend che continua anche nella successiva e psichedelica “With Stardust Flowers” un incubo cosmico che affoga nel fango delle paludi americane. E pare proprio essere la psichedelia una delle componenti più importanti di questo nuovo corso degli Rwake, che costruisce i quasi dodici minuti di “Distant Constellations And The Psychedelic” attorno ad una lunga jam acustica dal sapore desertico, in grado di crescere che fino ad esplodere nel finale, lambendo addirittura i terreni pseudo-black metal cari ai Twilight.
L’incedere doom “In After Reverse” fa invece da contraltare col suo incedere claudicante e un mood notturno, che chiude il cerchio con una sezione centrale inquietante, quasi ambientale e magistralmente costruita su pochi arpeggi ed effetti sonori, capaci di trasformare la voce in un vortice incomprensibile di suoni liquidi. Un brano camaleontico che rappresenta il picco del disco (e forse, della loro intera carriera).
Al netto di qualche soluzione che suona un po’ scolastica e autocelebrativa, “The Return Of Magik” ha dalla sua una fluidità che riesce a mitigare una durata sopra la media, senza sbadigli o momenti in cui venga voglia di passare la brano successivo, cosa non da poco.
Con una formazione leggermente rimaneggiata ma che mantiene i due cantanti Chirs Terry e la bravissima Brittany Fugat, protagonista di una performance corrosiva con i suoi scream estremi e destabilizzanti, i Rwake tornano prepotentemente ed inaspettatamente sulle scene con un lavoro fresco e per nulla derivativo, figlio di un genere che, pur avendo già sparato le proprie cartucce migliori, può ancora riservare piacevolissime sorprese.