7.5
- Band: SABATON
- Durata: 00:38:27
- Disponibile dal: 19/07/2019
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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“La Guerra, la Guerra non cambia mai”! Così recita una delle più famose massime in ambito puramente bellico, ben nota tanto agli appassionati di storia, quanto agli estimatori di un certo tipo di intrattenimento; ed è proprio con questa presa di coscienza, che ci approcciamo a recensire l’attesissimo nuovo lavoro in studio della band power metal che, più di tutte, negli ultimi anni, è riuscita ad aprirsi letteralmente una breccia all’interno del mercato musicale globale, divenendo, all’alba dei vent’anni di carriera, una delle formazioni di genere più popolari in assoluto.
Dopo il controverso “The Last Stand”, i Sabaton effettuano una virata relativamente rischiosa, decidendo di abbandonare quella sorta di varietà narrativa che caratterizza tutt’ora gli ultimi lavori, per proporre un vero e proprio concept album alla vecchia maniera, le cui tematiche vogliono fare letteralmente un balzo indietro nel tempo, così da poter raccontare gli orrori avvenuti nel corso della prima guerra mondiale. Ciò si traduce in una presentazione, nonché un’atmosfera generale, decisamente più oscura e, per certi versi, disperata ed emozionalmente coinvolta, rispetto a quanto fosse lecito aspettarsi, almeno inizialmente, da una produzione ad opera del quintetto svedese. Con questo vogliamo rassicurare i fan, così come invitare i detrattori a rassegnarsi: il sound dei Sabaton non è cambiato, dal momento che tutti gli stilemi che, da sempre, caratterizzano i loro album, appaiono assolutamente intatti e perfettamente riconoscibili; dai ritornelli assimilabili, coinvolgenti e cantabili, agli inserti orchestrali e catchy, fino ad arrivare a quel tipo particolare di epicità, a tinte quasi nerd, tanto cara alla stragrande maggioranza dei loro ascoltatori. Non sarà quindi questo nuovo “The Great War” a sconvolgere le carte in tavola per la band capitanata dal simpatico Joakim Brodén, ma ciò non deve essere visto come un fattore negativo, dal momento che la loro formula appare ormai consolidata e perfettamente in grado di raggiungere l’obbiettivo prefissato; soprattutto tenendo conto che, nei tutto sommato brevi quaranta minuti di ascolto, non abbiamo trovato nemmeno un punto morto, o anche solo inferiore rispetto al livello generale, che si mantiene ottimo per tutta la durata della tracklist.
Volendo andare più nel dettaglio, procedendo con la vostra campagna di guerra, avrete modo di sentirvi indistruttibili con la iniziale “The Future Of Warfare”, avanzare imperterriti in “82nd All The Way”, far piovere morte sul nemico con “The Red Baron”, urlare al cielo durante “Great War”, combattere fino allo sfinimento in “Fields Of Verdun”; il tutto senza dimenticarvi per un solo istante che quello che state ascoltando è un lavoro marchiato Sabaton, e che difficilmente si scollerà dalla vostra mente e dal vostro cuore focoso e belligerante, che troverà comunque pace nella conclusiva “The End Of War To End All Wars” e nell’outro “In Flanders Fields”. Le uniche pecche che ci sentiamo di sottolineare, risiedono in un’eccessiva linearità, e nella mancanza della peculiare fucilata power metal nuda e pura, su cui far roteare i capelli a rotta di collo mentre si fa strage di nemici lungo la nostra avanzata sanguinaria: la “The Lion From The North” di turno, per intenderci. Ciò nonostante, il miglioramento rispetto al predecessore è evidente, così come l’immenso cuore che è stato posto in ogni composizione e in ogni racconto, volto a descrivere uno dei periodi più neri dell’intera storia dell’umanità; e a tal proposito, vogliamo consigliare a tutti gli appassionati di fare propria una copia della cosiddetta “History Edition” dell’album, in cui un narratore ci introduce ad ogni brano in maniera completa, esaustiva e fomentante.
Dei Sabaton si è fatto un gran parlare ultimamente, anche per via del loro atto quasi eroico, in occasione dell’edizione appena trascorsa dell’Hellfest, e ci sarà modo di dire ancora tantissime cose in merito, considerando anche lo show speciale in programma a Wacken; ma da un punto di vista puramente discografico, a ‘sto giro ogni elemento è stato calcolato quasi alla perfezione, confezionando un album toccante e ben eseguito, che riesce a combinare la semplicità tipica del combo svedese, con una cura per i dettagli a dir poco degna di nota. Forse, se si fosse osato un po’ di più in termini di songwriting, proponendo qualche momento granitico e distruttivo in più, e magari un brano o due dalla struttura differente, rispetto alla linearità della scaletta odierna, potremmo essere in presenza di uno dei loro migliori lavori in assoluto. Tuttavia, anche così, il nostro giudizio non ci va poi così lontano.