7.5
- Band: SABATON
- Durata: 00:45:21
- Disponibile dal: 04/03/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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Recensire un album che tratta simili tematiche di questi tempi non è cosa semplice, e il fatto che si tratti della nuova produzione ad opera di una delle band più popolari, e nel contempo più controverse di tutto il panorama, rende il procedimento a suo modo ancora più impegnativo e a tratti destabilizzante, ma anche per questo interessante e pregno di spunti di riflessione su ciò che la storia dovrebbe insegnare, nonché sulle divergenze d’opinione che possono sussistere all’interno di una scena come quella metal.
Sugli svedesi Sabaton è possibile infatti leggerne di cotte e di crude, ma trattandosi probabilmente della formazione che è riuscita a piazzare il botto più imponente all’interno del mercato negli ultimi anni è anche comprensibile: da una parte c’è chi li vede come uno scialbo rilancio di un genere a suo tempo calante, ma ora nuovamente in vista come il power metal, e dall’altra chi riesce a godere della loro oggettiva capacità di proporre musica d’intrattenimento dotata di un piglio pressoché unico, abbinata a testi affascinanti e da cui oggi come oggi qualcuno dovrebbe trarre insegnamento, in quanto si parla di Storia e certe cose non andrebbero mai dimenticate.
Se vi ricordate, la cosiddetta “The War To End All Wars” viene menzionata anche nel titolo dell’ultimo brano (escluso l’outro “In Flanders Fields”) del precedente “The Great War”, di cui il nuovo arrivato vuole essere una sorta di prosieguo concettuale, in quanto si tratta già del secondo capitolo consecutivo dedicato interamente alla Prima Guerra Mondiale, approcciata peraltro con un modus operandi piuttosto simile, data la forte attenzione riposta nella componente narrativa e/o esplicativa.
Sul versante musicale siamo pur sempre in presenza di un disco dei Sabaton, quindi non aspettatevi stravolgimenti di una formula ben rodata; tuttavia, siamo ben felici di ammettere che gli ottimi stilemi utilizzati in “The Great War” – rispetto al meno efficace, seppur divertente, “The Last Stand” – qui tornano in ottima forma, anche se arricchiti da una dose maggiore di luminosità tipica non solo del power metal, ma dei Sabaton stessi, per come abbiamo imparato a conoscerli, prontamente accostata a quei tetri rimandi percepibili ad esempio nella iniziale “Sarajevo”, che come fu per la stessa guerra, dà il via alle danze con un fare cadenzato e oscuro, un po’ come la calma prima dello scoppio di un conflitto.
La lucentezza di cui parlavamo poco fa irrompe tuttavia dopo poco tempo grazie alla tagliente “Stormtroopers”, che ripropone con classe quella componente adrenalinica e motivante che ogni buon disco del genere dovrebbe sempre mettere in evidenza, seppur temporaneamente, considerando il prosieguo con la scurissima “Dreadnought”, la cui cadenza si abbinerebbe bene ad una marcia militare verso un destino incerto; anche se non mancano sprazzi di ottimismo, come confermato dalla cavalcata da concerto “The Unkillable Soldier”. A questa segue la gelida ed evocativa “Soldier Of Heaven”, il cui tono malinconico e piangente riesce comunque ad emettere un che di incoraggiante, simile per certi versi al famoso discorso di Gandalf durante la battaglia sulle mura di Minas Tirith, seppur collocata in un contesto completamente diverso rispetto a quello tipicamente fantasy dell’opera di Sua Maestà J.R.R. Tolkien.
Con “Hellfighters” si ricomincia a colpire duro ondeggiando i capelli, lasciando che le armi cantino il loro mantra, prima di rimetterle a riposo con “Race To The Sea” e “Lady Of The Dark”, che con le loro soluzioni apparentemente trite incarnano alla perfezione quella sensazione di deja-vu tipica delle produzioni dei Sabaton, i quali riescono sempre e comunque a strappare un risultato più convincente della media, anche quando colpiscono solo parzialmente il bersaglio; ciò rappresenta uno dei punti di forza della line-up capitanata dal simpatico frontman Joakim Brodén. Discorso vagamente simile, ma non uguale, per la coinvolgente “The Valley Of Death”, il cui ritornello si pianta in testa e inizia a risuonare come un urlo di guerra, portando inevitabilmente l’ascoltatore a rialzarsi dopo quella che può sembrare una dura caduta, e anche se la sferzata stilistica che qualcuno potrebbe gradire risulta ancora assente, è allucinante come il fomento generale indotto dalla musica dei Sabaton non voglia proprio saperne di vacillare.
La più lunga e già ben nota “Christmas Truce”, con il suo stile lento e degno della colonna sonora di un film a tema, precede la conclusiva “Versailles”, che riporta tutto per un’ultima volta in una sorta di dimensione di festa e giubilo generale, seppur con quell’alone di tetro cambiamento ad aleggiare sulle teste di tutti noi. A modo nostro, ci auguriamo con tutto il cuore di poter udire a tutto volume le medesime note, al pensiero di un ritorno a una relativa serenità dopo il dramma che una parte del mondo sta vivendo in questi giorni.
A questo punto, possiamo nuovamente confermare che i detrattori dei Sabaton non troveranno nulla in questo lavoro per modificare la loro visione personale, ma per chi tende ad apprezzarli, l’intera tracklist suonerà un po’ come l’ennesima conferma del fatto che il quintetto svedese non ha intenzione di fermarsi. A prescindere dalle opinioni singole, riteniamo inoltre che la loro presenza possa rappresentare un faro di positività per chi ama divertirsi a suon di musica metal, mantenendo al contempo la mente accesa. Che lo vogliate ammettere o meno, ora come ora c’è bisogno anche di questo.