7.5
- Band: SACRED REICH
- Durata: 00:31:23
- Disponibile dal: 23/08/19
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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La casella dedicata ai ‘grandi ritorni’ è stata nuovamente riempita. Dopo una dormita discografica lunga ben ventitré anni, infatti, i Sacred Reich si sono finalmente risvegliati, e con il qui presente “Awakening” hanno esaudito il desiderio di molti thrasher che, dopo averli rivisti nel recente passato on stage (in attesa della prossima data milanese prevista per metà novembre), si auguravano un nuovo disco sfornato dal combo americano guidato da un Phil Rind rigenerato non solo nel fisico ma anche, come leggerete più avanti, a livello vocale.
Ma arriviamo subito al dunque, prima di scendere nei dettagli di questa quinta fatica espulsa dalla band dell’Arizona: “Awakening” soddisfa la grande attesa alimentata? Tutto sommato, sì. Con un particolare distinguo. Chi si aspettava un ritorno in pompa magna targato “Ignorance” o “The American Way” può tranquillamente riporre il proprio sogno nel cassetto. Quei due album, infatti, compreso l’euforico EP “Surf In Nicaragua”, vennero prodotti in un modo completamente differente da quello odierno, come diverso era il periodo in cui vennero rilasciati: la cattiveria sonora e lirica che trasuda ancor oggi da quei tre lavori rispecchiava in pieno la grinta e la rabbia di una band giovanissima, vogliosa di spaccare ogni cosa, tanto da inserirli di diritto tra le novità più interessanti, scorbutiche ed impegnate nel mondo thrash di fine anni Ottanta. In “Awakening” lo spirito è rimasto sicuramente quello di un tempo, ma, indubbiamente, la maturità acquisita da una buona parte della line-up, unita ad un certo ‘mestiere’ sonoro di fondo, ha influito certamente sulla resa globale di un prodotto che, non riuscendo a replicare la furia di quegli anni, intende piuttosto offrire una summa di quanto realizzato dai Sacred Reich dal 1987 al 1996.
Si parlava di line-up: dopo aver defenestrato il batterista Greg Hall, e successivamente perso per strada (per motivi di salute) lo storico chitarrista Jason Rainey, per il nuovo full-length Phil Rind ha richiamato all’ovile l’ex Machine Head Dave McClain (già dietro alle pelli in “Indipendent” e “Heal”) e reclutato alle sei corde lo sconosciuto Joey Radziwill.
Ma veniamo a noi. Il risveglio dei Sacred Reich avviene di botto, con una sonora e tempestiva pacca sul cranio: la title-track, già presentata qualche settimana fa nelle vesti di singolo, non fa sconti a nessuno. Solidificato su un riff monolitico e diretto, sorretto da una sezione ritmica altrettanto possente, “Awakening” è un pezzone dal forte sapore ottantiano, con un songwriting leggermente scontato ma utile per dare una prima scossa ai nostri colli. I ritmi prendono verve nella successiva “Divide And Conquer”, dove, a sorreggere un refrain non così d’impatto, ci pensano le parti introduttive e centrali del brano, condite da un interessante assolo dall’eterno Wiley Arnett, compagno di viaggio di Phil sin dall’inizio. Sulla falsa riga di quanto appena ascoltato si muove “Salvation”: più pesante e rocciosa rispetto alla precedente, si caratterizza per una certa melodia di fondo, sottolineando l’ottimo stato di forma dell’ugola dello stesso Rind. Per i nostalgici, invece, ci pensa “Manifest Reality” a mettere tutti d’accordo. L’intro è quanto di più old-school non si possa chiedere: riffone poderoso prima che la battaglia abbia definitivamente inizio; una sorta di “Death Squad” (con i dovuti paragoni) del 2019, dove tutto funziona, refrain compreso. Dal vivo si prevedono mazzate; state pronti. Un pugno in faccia massacrante assestato da due pezzi che ammorbidiscono la tensione generale. Diversamente dai brani che li hanno preceduti, infatti, “Killing Machine” e la più heavy “Death Valley” si fanno apprezzare maggiormente in sede di ritornello, in contrapposizione a passaggi d’intermezzo non così innovativi e d’impatto. Un bel respiro prima di tornare a prendere vecchi calci sugli stinchi. E’ la matrice punk quella riversata dai Sacred Reich in “Revolution”: meno di tre minuti serrati, decisi, violenti. Tutto ciò prima della conclusiva “Something To Believe”: una simil ballad rocciosa e cazzuta, con un Phil Rind che da l’ennesima testimonianza, quella decisiva, di aver perso un bel po’ di chili, guadagnandone in potenza e versatilità vocale; dote già presente in passato, ma che in “Awakening” ha sicuramente trovato posto tra gli aspetti di maggior interesse.
Meritevole di più ascolti, il ritorno dei Sacred Reich è sicuramente una delle note più calde dell’estate thrash 2019. L’Our Dude con tanto di maschera anti-gas è di nuovo tra noi. Era ora!