8.0
- Band: SADIST
- Durata: 00:39:21
- Disponibile dal: 20/05/2022
- Etichetta:
- Agonia Records
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Per comprendere ed analizzare un disco come “Firescorched” non si può non partire da ciò che è successo in seno alla band ligure negli ultimi tre anni, con alcuni cambi di formazione che hanno portato all’assunzione di due figure di spicco della scena death metal come il batterista Romain Goulon, attivo in moltissime band ma per il quale è impossibile non citare i Necrophagist, e soprattutto Jeroen Paul Thesseling, che nel curriculum può vantare un capolavoro come “Spheres” dei Pestilence e che da anni, con il suo basso fretless, è una colonna portante del suono degli Obscura.
Essendo queste le premesse, si capisce perché Trevor e Tommy siano entusiasti della nuova avventura, tanto che che quest’ultimo si è sbilanciato parlando di “Sadist 2.0” e dell’album “più veloce, sperimentale ed estremo dell’intera carriera dei Sadist“. Che le dichiarazioni a caldo dei musicistia disco appena pubblicato siano da prendere con le pinze è cosa nota, ma che “Firescorched”, per i canoni dei genovesi, sia un lavoro sperimentale è altrettanto indiscutibile: mai come questa volta, infatti, accanto al death metal tecnico ed elaborato della band, la componente prog è stata determinante nell’economia del suono, con evoluzioni strumentali che vanno a lambire territori anche parecchio distanti dal metal, come fusion ed etnica, giusto per fare degli esempi. Probabilmente questo ulteriore spostamento verso soluzioni più ardite è venuto naturale grazie alla presenza dei due nuovi arrivati, dalla quale hanno tratto linfa vitale un Tommy in ottima forma sia compositiva sia esecutiva (non è un caso che si sentano anche soluzioni non lontane dal disco solista che ha scritto quasi in contemporanea) ed un Trevor estremamente incisivo e chirurgico nel suo growl. Tornando alle dichiarazioni dello storico chitarrista, non ci sentiamo di confermare che si tratti anche di un disco così estremo, ma sicuramente ci sono dei momenti in cui i quattro spingono parecchio sull’acceleratore, magari più che nel recente passato, ed è lì che si nota la presenza di un batterista con una marcia in più, mentre i virtuosismi del basso sono evidenti nelle parti più vicine al prog. Come in altre occasioni, dal punto di vista tematico, i pezzi si muovono in territori horror ed ognuno racconta una piccola storia permeata dalla propria atmosfera, toccando diverse sfumature, come le influenze orientaleggianti del singolo “Accabadora”, o la brutalità, con un occhio alla melodia, di “Burial Of A Clown”.
L’impressione è che “Firescorched” possa rappresentare realmente l’inizio di una nuova fase nella carriera dei Sadist – e non solo un timido passo avanti rispetto al buono ma non eccezionale “Spellbound” – e che, per quanto la band abbia osato, ci siano ancora margini per andare oltre; se, in soldoni, questo disco portasse a consolidare questa formazione, composta da musicisti ‘all star’, ed a tracciare una direzione per il futuro, il prossimo album potrebbe essere ancor più sorprendente.