7.0
- Band: SADIST
- Durata: 00:40:05
- Disponibile dal: 07/03/2025
- Etichetta:
- Agonia Records
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A tre anni di distanza dall’ottimo “Firescorched”, i Sadist ritornano con un nuovo disco ed una formazione rinnovata: dopo l’esperienza che ha visto Trevor e Tommy affiancati da Romain Goulon e Jeroen Paul Thesseling, troviamo ora Giorgio Piva (Fate Unburied, Sinatras) alla batteria e Davide Piccolo (già nella formazione live dei genovesi da qualche anno) al basso, oltre alla conferma di Gloria Rossi.
Come la netta variazione di line-up fa presupporre, “Something To Pierce” suona diverso dal suo predecessore, a riprova del fatto che i liguri, pur mantenendo sempre i loro tratti distintivi, non pubblicano mai due dischi uguali. In particolare, l’album uscito nel 2022 suonava compatto e diretto, come se fosse stato costruito attorno a quella sezione ritmica d’eccezione, mentre il nuovo appare il frutto di scelte differenti: l’aggressività, la perizia strumentale sopra la media e la tendenza a cercare soluzioni non scontate sono da sempre le colonne portanti dell’opera dei Sadist e, in quest’occasione, l’ultimo aspetto prevale, tanto che, in questi dieci pezzi, la parte del leone sembra recitarla la vena compositiva dello stesso Tommy.
Certamente, il lavoro dei due nuovi arrivati è fondamentale nel fornire groove a brani complessi e per buona parte pesanti, così come la prova di Trevor è al solito più che convincente per potenza e duttilità, con i consueti passaggi tra un growling profondo e urla infernali, ma il lato più marcato di “Something To Pierce” è quello prog, con cambi di tempo e di atmosfera, virtuosismi e un utilizzo delle tastiere che riporta a “Tribe”.
Nessuna sorpresa in fondo, poiché una certa audacia è da sempre nel DNA del gruppo, nel continuo tentativo di indirizzare il loro progressive death metal verso strade sempre diverse e in quella che può essere vista semplicemente come un’ulteriore evoluzione di un cammino iniziato trentaquattro anni e dieci album fa.
In particolare, l’impressione è che la prima parte della scaletta sia quella più lineare, riservata ai pezzi più canonici come “Kill Devour Dissect” o “No Feast For Flies”, con un tasso di aggressività mediamente alto ma sempre accompagnato da passaggi strumentali ed arrangiamenti ricercati, mentre nella seconda, da “The Sun God” fino al termine del disco, siano relegati gli episodi più sperimentali ed interessanti. Tra questi, “Dume Kike”, il brano più lungo, pur non difettando in quanto a ferocia, contiene un inserto melodico carico di tensione prima dell’esplosione definitiva, mentre “The Best Part Is The Brain” è un thrash tirato che gioca con sonorità vicine alla world music. Si chiude con una doppietta altrettanto curiosa: “Nove Strade”, che si avventura in arabeschi mediorientali, e la strumentale “Respirium”, che riprende lo stesso tema in chiave puramente prog.
“Something To Pierce” è l’ennesima uscita di valore indiscutibile di una band che non ha mai smesso di progredire e di aggiungere nuove influenze a quel progressive death metal complesso ed inconfondibile che è il suo marchio di fabbrica. Questa ricerca continua rappresenta l’aspetto più apprezzabile del disco, tanto che i momenti di qualità superiore appaiono essere proprio quelli in cui si osa maggiormente.