7.5
- Band: SAHG
- Durata: 00:46:08
- Disponibile dal: 28/10/2013
- Etichetta:
- Indie Recordings
- Distributore: Audioglobe
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Era forse necessario un cambio in formazione per far sì che i Sahg, combo norvegese che da anni con successo ha trovato il proprio spazio nel filone dello stoner dai richiami anni ’70, intraprendessero un percorso mirato al conseguimento di una propria identità musicale. Il bassista Tom Cato Visnes, noto con il nomignolo di King Ov Hell quando recita nei panni del blackster nei God Seed, ha lasciato il gruppo favorendo l’ingresso di Tony Vetaas. Qualche dato per contestualizzare il disco: “Delusion Of Grandeur” è il quarto album dei norvegesi, segue a tre anni di distanza “III” ed è il primo ad avere un nome diverso da un numero romano, visto che è un concept album incentrato sulla progressiva perdita d’identità di una persona. Fin dall’ascolto di “Slip Off the Edge of the Universe”, brano che apre il disco, vi accorgerete che i toni sono placidi, i ritmi estremamente rallentati, notando subito la mancanza (non totale, sia chiaro) di quei momenti in cui la sezione ritmica era rocciosa, dominata dal quel basso pulsante che oggi su questo album si sente molto meno. È come se i Sagh avessero cambiato il dosaggio degli ingredienti che compongono la loro musica: sui loro primi tre lavori erano sostanzialmente un gruppo roccioso con qualche piccola divagazione doom-eterea, su “Manie di grandezza” scelgono di rallentare, allargando lo spettro delle loro atmosfere a discapito dell’anima metal. È così che bisogna aspettare l’arrivo di “Firechild”, terzo brano in scaletta, per sentire il singer Olav Iversen cantare come un tempo, sorretto da un ritmo questa volta incalzante che dà alle chitarre un ruolo di prim’ordine. Per carità, sia chiaro fin da subito: l’ispirazione non manca. Se ne ha prova ad esempio in “Walls Of Delusion”, brano migliore del disco, fusione dei richiami di Ozzy Osbourne e di quel doom tanto caro ai quattro. Riff lunghi, basso finalmente in primo piano e voce tirata, il tutto per suscitare emozione sia nella rudezza che nella dolcezza delle atmosfere create. Piace molto anche “Ether”, composizione dalle medesime coordinate stilistiche della canzone precedente e ci piacciono ancora di più i due minuti o poco più della strumentale “Odium Delirium”, pezzo baldanzoso e molto carico di energia, vero sfogatoio degli addetti agli strumenti a corda. L’album si chiude con “Sleeper’s Gate to the Galaxy”, pezzo monstre del CD, lungo oltre undici minuti e nel quale si attraversano molti tipi di atmosfere, una sorta di viaggio nell’universo Sahg all’insegna delle emozioni controllate. In conclusione: “Delusion Of Grandeur” è un disco che necessita di parecchi ascolti per essere assimilato e goduto, rimarca la bravura dei Sahg e segna sicuramente una svolta nella loro carriera, sempre all’insegna della qualità.