7.5
- Band: SANCTUARIUM
- Durata: 00:48:18
- Disponibile dal: 03/09/2024
- Etichetta:
- Me Saco Un Ojo Records
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Si potrebbe pensare che i Sanctuarium abbiano voluto giocare con il grande repertorio death-doom dell’ultima trentina d’anni per confezionare il loro nuovo “Melted and Decomposed”. Il gruppo spagnolo – partito come progetto solista del polistrumentista Marc Rodriguez (Calderum, Jade, Trollcave, Stygian Storm e vari altri) e poi divenuto una vera e propria band – si ripresenta dopo circa un anno e mezzo dalla pubblicazione del primo album “Into the Mephitic Abyss” con un secondo full-length in cui viene ribadita e per certi versi ampliata la formula del debut. Anche in quest’occasione, i Sanctuarium si prodigano infatti nel pescare a piene mani da quanto espresso dal filone in questo lungo lasso di tempo, pur riuscendo a mantenere la coerenza e la stabilità di un album unitario. Di certo, il tutto è favorito dall’approccio molto lo-fi del songwriting e dell’interpretazione: pur nel loro girovagare tra più registri, con la stentorea anima death metal a guidare molti dei riff e la conseguente deriva doom ad aprire scenari dolenti, i ragazzi mantengono tutto all’interno di un impianto tutto sommato tradizionale, evitando quindi di cimentarsi in tentazioni psichedeliche, lunghi mantra per chitarra in distorsione, tastiere liquide in incontenibile espansione o flussi cosmici di matrice floydiana. Rispetto alle recenti prove di una realtà molto chiacchierata come gli Spectral Voice, la band risulta insomma meno visionaria e quindi più quadrata, con un sound che fa appunto perno sui riff e su estenuanti crescendo carichi di inquietudine, con il tormento dei temi dominanti che rimanda ai maestri Disembowelment, Incantation e Winter, passando ovviamente per formazioni più recenti come i Mortiferum o gli stessi Spectral Voice degli esordi.
Se paragonato a “Into…”, “Melted and Decomposed” risulta comunque più vasto e ricco di elementi: già a partire dal minutaggio – con cinque tracce della durata media di nove minuti ciascuna – è facile vederlo come un’opera più imponente, nel quale il gruppo ha cercato di esplorare vari estremi del proprio sound, partendo da alcuni riff minimali che montano e si evolvono con traiettorie che solo apparentemente presentano la caratteristica della regolarità, per ottenere un microcosmo di variazioni e sfumature che richiede numerosi ascolti per venire completamente assimilato.
Forse qua e là sarebbe servito un pizzico di capacità di sintesi in più, ma va comunque riconosciuto come ogni composizione, nel suo vagare negli abissi, riesca sempre a far intravedere il cuore pulsante della band, tramite alcuni ottimi spunti tanto in sede di riffing di chitarra quanto a livello melodico.
Alla fine, tutte le eloquenti promesse di copertina e titolo del disco vengono quindi più che mantenute: la tracklist denota ampiamente la notevole conoscenza della materia da parte dei Sanctuarium, raggiungendo un equilibrio raro in operazioni simili e rivelandosi particolarmente apprezzabile in condizioni di ascolto ‘dedicato’, meglio se in cuffia e nelle ore serali/notturne.
