
7.5
- Band: SAOR
- Durata: 00:41:17
- Disponibile dal: 24/06/2022
- Etichetta:
- Season Of Mist
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Non è facile essere obiettivi quando si tratta dei Saor: il progetto solista di Andy Marshall ha, infatti, radici profonde nella sua terra, la Scozia, nella sua natura e nelle sue tradizioni, e l’intento principale è quello di guidare l’ascoltatore in un viaggio solitario attraverso quelle terre, quei miti e quelle leggende e si pensi che il legame è talmente forte da spingere lo stesso musicista a definire la propria musica come ‘Caledonian metal’, un misto di black metal e folk dal forte sapore pagano che può non riscontrare il gusto di tutti ma che sicuramente non lascia indifferenti. In particolare, la critica più comune al polistrumentista è quella di aver sempre percorso sentieri sicuri, senza mai spostarsi troppo, in quattro album, dalla direzione intrapresa inizialmente, anche se lo zoccolo duro dei suoi ascoltatori lo ha sempre sostenuto. Ma, come sarà ormai arcinoto, il termine ‘saor‘ significa, in gaelico, ‘libero, senza costrizioni’ e questa volta Marshall ha deciso di dare libero sfogo alla propria creatività, spostando in qualche modo, anche se non in manira trascendentale, le coordinate espressive della propria musica.
Il quinto album “Origins”, infatti, oltre a segnare l’approdo su un’etichetta di peso come Season Of Mist, apporta anche novità consistenti a livello sonoro: il black metal rimane, ma in misura minore rispetto al passato, e lo si sente soprattutto nella voce che si avvicina maggiormente allo screaming e in alcuni momenti di forte epicità, mentre la componente folk è ancora più marcata, nonché rafforzata dall’utilizzo frequente di strumenti tradizionali come cornamuse, flauti, violini ma anche tamburi tribali e carnyx (corno tipicamente celtico); ciò che, però, suona abbastanza nuovo è l’influenza dell’heavy metal classico, con l’utilizzo di chitarre in stile NWOBHM, l’enfasi posta sui riff e anche qualche assolo, a testimoniare che gli ascolti di Marshall, negli ultimi tempi, sono andati in questa direzione. Ancora una volta le tematiche trattate sono legate alla storia della terra natale del musicista ed in particolare ai Pitti, tribù che ha popolato la Scozia fino al X secolo ed in questo senso molto suggestiva è l’iniziale “Call Of The Carnyx”, che parla di questo strumento a fiato e di come deve essere stato struggente sentirlo muggire per chiamare i guerrieri alla battaglia. Particolarmente evocative anche la titletrack, già uscita come singolo, con sonorità sognanti che ricordano addirittura gli Alcest e il black metal atmosferico di “The Ancient Ones”, ode agli antichi popoli scozzesi in cui le parti vocali di Andy sono rese ancor più efficaci dalle backing vocals di Sophie Marshall. L’altro brano che anticipa l’album, “Beyond The Wall”, al contrario, è il momento più fiero e battagliero e, con il suo testo scarno, sembra una dichiarazione di intenti che racchiude lo spirito di questa musica: “I’m a free man/At the feet of a giant/Head above the clouds/Making myths where its shadow is cast“.
I Saor proseguono per la propria strada, fatta di sentieri impervi e circondata da nebbie antiche: chi li conosce sa che può fidarsi e intraprendere con loro questo viaggio nel tempo.