7.0
- Band: SARKE
- Durata: 00:34:23
- Disponibile dal: 11/03/2016
- Etichetta:
- Indie Recordings
- Distributore: Audioglobe
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Nato sotto la stella dell’estemporaneità, il progetto Sarke, avviato dall’omonimo bassista dei Khold, è oggi giunto al quarto album, a tre anni dal predecessore “Aruagint”. Una band, quella norvegese, ammantata fin dal primo disco di un’aura di rispetto quasi religioso, dovuta alla presenza alla voce di Nocturno Culto e alla tenace fedeltà alle radici del metal estremo. Un rigore formale e strutturale estrinsecato in tre dischi solidi, brillanti, a cavallo fra thrash, black metal ed epos cruento, ripieni dello spirito pugnace di fine anni ’80-inizio anni ’90. La band ha avuto anche il merito di darsi un minimo di visibilità live, così da avvalorare l’idea che i Sarke siano un gruppo vero, non un divertimento per musicisti di rango. “Bogefod” porta a un piano più complesso la miscela old-school finora messa in mostra, col pretesto di seguire un erudito concept sulla saga di Eyrbyggja. Il songwriting si è spinto in direzioni prima toccate solo fugacemente, lasciando intendere una voglia di evoluzione prima presente solo a livello subliminale. Nulla che possa stravolgere l’identità dell’oggi quintetto, ma è evidente che vi siano degli spunti fuori dai canoni nel nuovo album che forse nessuno avrebbe sospettato i Sarke potessero produrre. Partiamo allora nella nostra analisi dal pezzo più anomalo, giusto per darvi l’idea di quello che si è voluto combinare questa volta: “Dawning” si struscia sul vostro lato sensibile, piegato alla dolcezza della vocalità femminea e alla cristallina beatitudine degli arpeggi, un’atmosfera bucolica ci assale, velata di un grigiore persistente, l’attenuamento dell’agitazione presente nel resto della tracklist permette a sentimenti fragili di uscire allo scoperto e conquistare il terreno insanguinato sul quale si è combattuto fino a un attimo prima. Perché poi, in effetti, il resto delle tracce vive di una forte energia e urgenza e le ruvidezze dei riff ben si saldano all’inconfondibile cantato del celebre singer dei Darkthrone. Le chitarre sono grosse, ispide, mai sostanzialmente raffinate per una facile fruizione, però indulgono spesso in un andirivieni fra brutalità a ruota libera e movimenti esteticamente levigati e preziosi. Lo smussamento delle voglie iraconde avviene non di rado tramite l’inserimento di chitarre aperte dal sapore bathoryano (“Burn”), rauche immersioni in un doom nerissimo (“Evil Heir”) e un rinfocolamento delle arie tastieristiche, già presenti in passato e ora cardine di questi nuovi, più sfaccettati, Sarke. Le pause nel serrato fraseggiare black-thrash volgono lo sguardo a una sentita epica nordica, anche il cantato di Nocturno Culto esplora registri recitativi e meno prevedibili, infondendo una particolare atmosfera sospesa alla musica. Le canzoni più nude e crude, legate agli atavici schemi dell’oltraggioso estremismo di una volta, perdono il confronto con quelle di spiccate ambizioni e sospinte verso un’enfasi più spirituale e meno terrena. Succede allora che una “Taken” non possa avere lo stesso peso specifico di “The Wicked’s Transient Sleep” e l’effetto di straniamento di quest’ultima, con i suoi accostamenti non convenzionali, non trovi continuità per l’intera – contenuta – durata del disco. Stiamo parlando di un’opera riuscita, comunque, “Bogefod” mette assieme un’ampia panoramica delle possibilità artistiche di questo manipolo di artisti, ancora baciati da una ragguardevole ispirazione. Se avete amato i capitoli precedenti dell’avventura Sarke, quest’ultimo full-length incontrerà sicuramente il vostro gradimento. Ma anche se non aveste mai prestato attenzione al loro operato, potreste scovare materiale di valore qua dentro. “Bogefod” vi aspetta.