7.5
- Band: SARKE
- Durata: 00:34:36
- Disponibile dal: 01/11/2019
- Etichetta:
- Indie Recordings
- Distributore: Audioglobe
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Ha il potere di sorprendere con accostamenti inattesi e dicotomie di paradossale assonanza, la musica dei Sarke. Affrancatasi in tempi rapidi da sentori meramente nostalgici, la compagine guidata alla voce da Nocturno Culto si contraddistingue non da oggi come un originale compendio di spirito metal genuino, estremismo ante-litteram, epicità di grana grossa, pennellate prog e gentilezze gotiche. In apparenza una miscellanea scoordinata, nei fatti una proposta di forte impatto ed evocatrice di mondi che sanno di mitologia, eroismo e slanci emotivi toccanti. L’involucro in cui “Gastwerso” è incastonato non è dissimile dai predecessori, otto brani per poco meno di trentacinque minuti di durata complessiva, tempistiche asciutte, da vinile: bisogna dire tutto, subito, senza indugi ma anche senza mortificare e svilire il proprio estro. L’afflato epico, particolarmente persistente e troneggiante nell’ottimo predecessore “Viige Urh”, rimane una costante pure in quest’ultimo lavoro, ma si orienta spesso a istanze lievi e gentili, acuendo quel sentore aedico che si era già intuito nel recente passato.
A un riffing black/thrash ancora una volta ficcante e brillante, pur dispensando trame chitarristiche non per forza eclettiche, si contrappongono arie operistiche e voci pulite magnetiche, inducendo al paragone coi Celtic Frost di “To Mega Therion” e “Into The Pandemonium”. Ne è ottimo esempio un pezzo come “Mausoleum”, che stupisce per un respiro prog/sinfonico camaleontico, prima incentrato su sviolinate eleganti e vanesie, quindi soggiogato da un crescendo dominato dal tremolare dell’organo, verso una deriva di soundtrack inedita per il gruppo. A fargli da contraltare troviamo una ballata notturna da crooner di razza, “The Endless Wait”, un misto di sentori invernali del profondo nord e una riflessività da pomeriggio passato davanti al camino mentre all’esterno infuria la tormenta: prestazione encomiabile di Nocturno Culto in questa veste, accompagnato da una voce femminea particolarmente aggraziata.
Anche quando i Sarke ‘pestano’ con metodi relativamente ignoranti (“Ties Of Blood”, l’opener “Ghost War”) le punteggiature tastieristiche scompaginano il campo e inondano di profumi esotici uno stile altrimenti rude e retrò. La produzione accompagna questa accresciuta versatilità, ripulita e rifinita per far risaltare ogni piccolo dettaglio, fosse la sgranatura del riffing, l’ardore old-school dei fulminei e brevi assoli, l’aura tenuemente folk-viking del midtempo burrascoso di “In The Flames”. I Sarke vanno a nozze con le morbidezze del prog d’annata e lo dimostrano in modo ancor più sfavillante nelle colte mollezze di “Cribs Hand”, un hard rock sonnacchioso che non è databile attorno al ’75 solo per il rauco e tutt’altro che fuori luogo cantato di Nocturno Culto. In fondo, l’unica colpa di “Gastwerso” è quello di finire troppo presto, mentre sulle qualità c’è poco da discutere: il collettivo norvegese sfugge alla trappola dell’old-school arroccato su trame riciclate allo sfinimento e ci offre un magistrale esempio di sperimentazione e rivisitazione di sonorità classiche.