7.5
- Band: SATAN
- Durata: 00:47:42
- Disponibile dal: 01/04/2022
- Etichetta:
- Metal Blade Records
Spotify:
Apple Music:
Un viaggio di sola andata, dritti dritti verso l’inferno. E’ quello che, nemmeno troppo lentamente, stanno compiendo gli uomini, portandosi dietro il globo intero, cotto a puntino da questa generazione di arroganti, egoisti ed individualisti, preoccupati dal nulla al di fuori della propria esistenza. Adulti incapaci di portare avanti l’ottimismo, i sogni e le buone intenzioni messe sul tavolo negli anni, sommersi ora dal cinismo imperante. Perfetti Caronte di questo desolante decadenza chiamata “Earth Infernal” sono i Satan, di nuovo in azione dopo l’ottimo “Cruel Magic” del 2018. E come già mostrato quattro anni fa, la band di Newcastle capitanata da Brian Ross, è riuscita a stendere sul proprio spartito targato NWOBHM un’opera tanto genuina quanto raffinata, confermando il buonissimo stato di forma palesato nei tre lavori precedenti, scaturiti dopo la reunion del 2011. Gli inseguimenti indiavolati e serpenteschi dipinti da Russ Tippins e Steve Ramsey suonano come un marchio di fabbrica, mentre sgusciano tra le ritmiche classiche e trascinanti della coppia Graeme English e Sean Taylor. Un’overture tinteggiata di metal sulla quale si diletta l’ugola maligna dello stesso Ross – sessant’otto anni e non sentirli! Un album partorito dopo un anno e mezzo di disavventure, tra incidenti di percorso in seno alla band (con tanto di frattura al braccio per Graeme) e ad altri problemi tecnici legati al sistema di registrazione; ma alla fine “Earth Infernal” è arrivato, e per fortuna.
I Satan ci riportano agli anni d’oro della New Wave Of British Heavy Metal, rimanendo tremendamente freschi, fieri paladini di un suono datato ma che va dritto al sodo, senza tanti fronzoli patinati, alla ricerca spasmodica della perfezione. E la dimostrazione ci viene servita su un piatto d’argento con la doppietta iniziale nella quale viene narrata l’ascesa (“Ascendancy”) e l’inevitabile caduta di un individuo di alto livello, inabile a mantenere in vita certi ideali, destinati a sgretolarsi come le pennellate su un quadro se non mantenuto correttamente (“Burning Portrait”). Dieci canzoni che non stancano mai, con questa perpetua voglia di ripartire (o di accelerare la discesa nel nostro caso) guidata dal duo delle sei corde. Brani intrisi di magia sinistra come la strumentale “Mercury’s Shadow” e la successiva “A Sorrow Unspent”, anticipando un’altra coppia di pezzi perfidi e sognanti come “Luciferic” e la trascinante “From Second Sight”. Ma è con la conclusiva “Earth We Bequeath” che i Satan ci lasciano il loro personalissimo testamento: una marcia infernale (tremendamente efficace) affonda le nostre speranze rispecchiando alla perfezione il quadro rappresentato in copertina. Pezzo di una potenza abrasiva disarmante ed ammaliante. Satan, in una parola: garanzia!