7.5
- Band: SATAN
- Durata: 00:44:06
- Disponibile dal: 29/04/2013
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
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Sebbene i nomi di Graeme English e Steve Ramsey magari a molti non dicano molto, in realtà i due sono tra i musicisti più influenti della scena classic heavy britannica. Basterebbe pensare che i ragazzi sono stati i fondatori degli Skyclad per rendersene conto; in precedenza però si erano già messi in luce con i Pariah e soprattutto con i qui presenti Satan, da poco riformatisi e tornati con un lavoro spettacolare plasmato nel sound della NWOBHM e dello speed metal. La band, originariamente formatasi a Newcastle nel 1979, ha il proprio momento di gloria con la pubblicazione del seminale “Court In The Act”, uno degli album migliori dell’ultima fase della rinascita metal britannica. Oggi risale alla ribalta con la stessa formazione di allora che comprende, oltre ai già citati English e Ramsey anche il grandissimo Russ Tippins alla chitarra, Sean Taylor alla batteria e soprattutto il mitico Brian Ross (Blitzkrieg) dietro al microfono. “Life Sentence” è un concentrato di potenza e melodia, un album di vero metallo fumante ottantiano che a tratti sfocia nel thrash e più volentieri nello speed, ma che mantiene intatte le stimmate della NWOBHM. Inoltre la band è abbastanza abile da risultare anche personale; anche se alcune influenze sono inevitabili, infatti, la bravura del quintetto e le accresciute capacità compositive ed esecutive rispetto a quanto fatto trent’anni or sono, fanno sì che “Life Sentence” suoni fresco ed efficace come pochi altri lavori del genere. La partenza è arrembante, con l’up tempo meraviglioso di “Time To Die”, dove già si flirta con lo speed più oltranzista degli Exciter ma sempre con un occhio attento a non esagerare e a mantenere sempre una linea melodica marcata. Gli altri due highlight del lavoro sono “Cenotaph” e la conclusiva “Another Universe”: la prima è una traccia che mette insieme NWOBHM ed una certa epicità che rimanda ai primi Manilla Road, il tutto suonato con un approccio alla materia piuttosto tecnico; mentre la seconda è inizialmente più cupa e ragionata, salvo esplodere poi in un heavy tune fantastico graziato dalla prova stellare di Sean Taylor dietro le pelli. In mezzo troviamo episodi piuttosto buoni, ad esempio “Personal Demons” con i suoi solismi thrashy, o “Tears Of Blood” che al proprio interno affianca il proto heavy degli Ufo a passaggi non distanti dai Sanctuary. Nel complesso comunque è tutto l’album a brillare, tanto che il brano meno riuscito, ovvero “Incantations”, è comunque un heavy epic di discreta fattura. Ottimo ritorno quindi quello dei Satan, che al momento attuale si rivelano la band più ispirata tra quelle uscite dalla Gran Bretagna di inizio anni Ottanta.