6.5
- Band: SATAN'S HOST
- Durata: 00:54:18
- Disponibile dal: 19/11/2013
- Etichetta:
- Moribund Records
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L’ennesima metamorfosi si é compiuta in casa Satan’s Host. Se già con il precedente “By The Hands Of The Devil” la band aveva preparato la strada per il ritorno verso sonorità meno estreme e più legate al power epic a stelle e striscie, con il nuovo “Virgin Sails” completano il percorso, andando a sposare in toto istanze ottantiane memori degli eroi del tempo. Il cambiamento ha nome e cognome: Harry Conklin. Il rientro in formazione del singer, ex Jag Panzer, ha consigliato (correttamente) al buon Patrick Evil di adeguare il songwriting all’ugola potente di Leviathan Thisiren (Conklin, appunto). Quindi, vengono abbandonate completamente le partiture death-black che avevano caratterizzato la parte centrale della carriera dei Nostri, sebbene i brani abbiano mantenuto un’aura piuttosto oscura e luciferina. Brani che però ora si muovono con disinvoltura tra power metal, thrash ed epic, citando gli ovvi Jag Panzer, ma anche Cirith Ungol e Dio. In tutta franchezza, diciamo che l’operazione ha portato ad un album più che buono ma molto meno personale ed efficace dei predecessori, sebbene – lo ripetiamo – questo era l’unico modo per sfruttare appieno quel mostro di bravura di Conklin. I primi due brani in realtà lasciano interdetti per la complessità degli arrangiamenti e per delle strutture perfettamente studiate ed eseguite. Lunghi, evocativi e possenti, “Cor Maleficus – Heart Of Evil” e “Island Of The Giant Ants” non fanno certo rimpiangere ciò che é stato; tutt’altro! L’epicità viene utilizzata per generare atmosfere guerresche, completamente asservite ad un’impalcatura heavy power di primissimo ordine, gestita in maniera superba dalla sezione ritmica e coronata dalle prove di Evil alla sei corde (mai particolarmente nostalgica) e di un Conklin molto espressivo. Già dalla successiva “Dichotomy” si assiste ad una semplificazione e ad un alleggerimento sin troppo marcato del sound, che avvicina i Nostri ad una sorta di versione complessa e cupa dei Dio di fine anni Ottanta. “Reanimated Anomalies” tenta un minimo recupero di partiture più estreme, ma il tutto si riduce ad una prova di bravura di Evil Little Hobbit dietro le pelli e nulla più. “Infinite Impossibilities” é purissimo metal maideniano, imbastardito da sferzate proto black per renderlo meno smaccatamente simile all’operato della vergine di ferro, mentre “Vaporous Of The Blood” parte come discreto mid tempo piuttosto meditato e melodico, per poi evolvere verso un power thrash senza infamia né lode. In conclusione, ecco arrivare la title track, che riprende il gusto per l’epicità esplicitato nei sue brani di apertura, chiudendo quindi un cerchio dove i Satan’s Host piazzano sia luci che ombre. Detto anche dell’artwork di Joe Petagno e della produzione di Dave Otero (entrambe non da annoverare tra le loro opere migliori), non ci resta che consigliare caldamente “Virgin Sails” agli amanti del metal ottantiano, ben sapendo però che i Satan’s Host il meglio di loro stessi lo hanno dato confrondandosi con ben altre sonorità.