8.0
- Band: SATORI JUNK
- Durata: 00:33:49
- Disponibile dal: 23/02/2024
- Etichetta:
- Industrial Ölocaust Recordings
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È tale e tanta la marea di dischi in uscita ogni settimana, che si rischia di rimanere indietro anche su cose speciali, concepite e partorite praticamente sotto il nostro naso. I Satori Junk sono una band stoner/doom milanese con all’attivo due buoni dischi, l’omonimo del 2015 e “The Golden Dwarf” del 2018, con il secondo in particolare a far intuire delle velleità non così comuni per gruppi di questo filone. Infatti, accanto alla componente più ossianica e decifrabile del suono, mutuata dagli Electric Wizard più fumosi e i Black Sabbath, si inseriva il piacere per sonorità più ampie e astratte da colonna sonora, come fragranti sfumature space rock/progressive. Un eclettismo sfociato ora in un’opera sui generis, probabilmente un unicum irripetibile per il quartetto, ovvero la monotraccia del loro terzo album “Venezia”.
Siamo, appunto, nella città lagunare, anno di peste 1630, la città è avvolta dai miasmi della morte, la nebbia e gli usuali odori portati dalle acque ristagnanti si miscelano al nauseante deperire dei corpi, attaccati dal morbo e alla sua orribile mercé. È in questo greve ambiente che si sviluppa una narrazione torbida e appassionante come quella dei Satori Junk, protagonisti di un’operazione che fa confluire con ordine, disciplina e ingegno il doom di partenza, gli incubi dorati dei Goblin e una cornice tra il cimiteriale, l’occulto e l’ossessivo tipica del dark/prog italiano più riuscito.
Non così improvvisamente, ma comunque con un balzo non da poco, la band ha dato piena e compiuta espressione al suo sottobosco di influenze psichedeliche d’annata, non attraverso un mero tributo di vetuste realtà settantiane, quanto con una personale rielaborazione, magnetica e sorprendente.
Fin dalle sue prime battute, ci accorgiamo che “Venezia” ha un suo filo narrativo solido e ben distinguibile, non scorre in mille rivoli né si permea di inutili intellettualismi, ci fa immergere in una notte senza stelle e senza speranza, in un ghirigori tra i canali che si rivela, banalmente, un labirinto di morte.
Il talento nel far dialogare effettistica di vario tipo e strumentazione prettamente metal lo si era ammirato anche in precedenza; stavolta questo tratto caratteristico della formazione diviene determinante, dando subito un’impronta orrorifica, misteriosa e tentatrice, già con i primi minuti, che scorrono inquieti tra scalpiccio affannato di passi, rintocchi di campane e arpeggi solenni. Prima di sfociare in ariose trame doom dal sapore misterioso, arcano, teatrali ma coinvolgenti.
Il recitato – unica presenza di voci – che arriva dopo dieci minuti, a descrivere l’atmosfera generale, contornato da un elegante pianoforte, dischiude a una fase centrale inizialmente pacata, poi sempre più frenetica, vibrante sotto i colpi di un pianoforte frizzante e imbizzarrito, saldato a un chitarrismo che non eccede in fuzz e rimane roboante al punto giusto.
Quando ci si posa su correnti più astratte, dosando rumori, suoni ambientali, la band è parimenti efficace e non fa trasparire discontinuità tra le diverse sezioni. L’idea della singola traccia extra-large è tanto affascinante in partenza, quanto piena di trappole, perché è facile ‘addormentarsi’ – e addormentare – al suo interno. I Satori Junk invece non cadono in fallo: come se avessero sceneggiato perfettamente nella loro testa un intero spettacolo, danno logica prosecuzione a ogni singola idea strumentale, equilibrando feeling settantiano e morbosità. L’umida, melmosa pericolosità indotta dalle tastiere ci fa quasi odorare tutta la marcescenza dell’epoca, evocando scenari che stanno tra incubo e realtà.
Si arriva a fine ascolto nient’affatto spossati, anzi, con la voglia di riascoltare immediatamente quanto appena terminato, frutto anche di un finale trascinante e ad alto tasso di emozionalità. Probabile che questo “Venezia” resti un prodotto di nicchia, tuttavia crediamo che chi ama il doom nel suo eclettismo e nella sua capacità di descrivere dettagliate ambientazioni mortuarie dovrebbe almeno una volta ascoltarlo.