6.5
- Band: SATYRICON
- Durata: 00:42:55
- Disponibile dal: 03/11/2008
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Universal
Spotify:
Apple Music:
Non perdiamo tempo e diciamo subito quello che tutti vogliono: sapere se “The Age Of Nero” è migliore del suo predecessore “Now, Diabolical”. La risposta è negativa, ma il nuovo lavoro del gruppo più importante della scena norvegese dopo i fondatori monumentali Darkthrone e Mayhem è comunque un album che supera il difficile esame e l’enorme aspettativa. Il grosso difetto del nuovo lavoro di Satyr e Frost è rappresentato dall’inutile parte finale, con tre brani davvero trascurabili: “The Sign Of The Trident” presenta un certo pathos oscuro, ma non ha un acuto interessante in tutta la sua durata, la successiva “Last Man Standing” latita anche come struttura, è un brano senza capo né coda, del tutto superfluo senza una buona idea che sia una. La conclusiva “Den Siste”, ha un certo incedere e feeling che potrebbe essere proposto anche da qualche criptico gruppo doom, invece ai Satyricon manca quel quid tipico delle band doom per donare al proprio brano un’aura davvero pesante e gotica. Il paragone con la seconda parte di “Now, Diabolical” è davvero impietosa perché in precedenza i Satyricon avevano sviscerato il vecchio spirito black metal in ottimi brani quali “Delirium” e “To The Mountains”, cosa che nella nuova release non avviene. Ma parliamo ora dei lati positivi di “The Age Of Nero”, e partiamo necessariamente dall’inizio del CD con l’opener “Commando”, che ci riserva subito un’insperata sorpresa: dopo anni i Satyricon si ricordano cosa vuol dire suonare musica veloce anche se solo su un paio di riff Frost pesta sull’acceleratore, ma bisogna accontentarsi di poco. “The Wolfpack” è una canzone semplice, dal mood accattivante e soprattutto molto norvegese, può anche essere presa d’esempio come il ‘classico’ brano degli ultimi Satyricon. Meglio però non chiedersi perché questi Satyricon riducano i propri brani all’alternanza di due soli riff invece che elaborare complessi intrecci con soluzioni sempre diverse… “Black Crow On A Tombstone” ha un bel riff ritmato nella maniera più consona possibile e vincente si rivela il ritornello, peccato che la band non si sforzi di creare con qualche effetto un’atmosfera più profonda per questa release, mentre nel lavoro precedente il gioco era riuscito pur non inventando niente di trascendentale. “Die By My Hand” finalmente inizia con un ritmo serrato, il riffing di base parte lanciato in maniera sostenuta, Frost finalmente dietro alle pelli deve spendere qualche goccia di sudore per far marciare a dovere la canzone, il mood è maligno ed il ritornello è vincente perché presenta in sottofondo un coro come di un’occulta processione di incapucciati; di certo si tratta del miglior capitolo dell’album. I ritornelli nei Satyricon di questi ultimi due album sono fondamentali perché la semplicità dei brani punta tutto o quasi alla riuscita dei ritornelli nei quali molto semplicemente viene ripetuto il titolo del brano di turno: trovata semplicistica ma che sembra funzionare per Satyr. “My Skin Is Cold”, pezzo d’avanguardia del nuovo album seppur qui in una versione differente dall’omonimo EP, è un brano discreto di black metal lineare e non troppo estremo con un riff minimale, ma l’atmosfera creata dalle pur semplici note dona alla canzone un certo interesse. Se la domanda che vi ponete, finito di ascoltare “The Age Of Nero”, è se dai Satyricon ci si può attendere di più, allora la risposta è assolutamente affermativa. Ora bisognerà avere la pazienza di aspettare ancora un paio d’anni per vedere se i Satyricon sono ancora un gruppo capace di dare qualcosa di nuovo alla scena extreme metal in questa età buia. Ma intanto anche questo “The Age Of Nero” è un successo annunciato. Così è, se vi piace.