
8.0
- Band: SAVATAGE
- Durata: 00:53:40
- Disponibile dal: 02/04/1993
- Etichetta:
- Atlantic Records
- Distributore: Warner Bros
Spotify:
Apple Music:
La storia ci ha consegnato “Edge of Thorns” come un album dai molteplici significati. E’ il primo album con Zachary Stevens alla voce ed il primo con Jon impiegato nel solo ruolo di compositore. E’ il primo album dove Wacholz usa la batteria elettronica. E’ l’ultimo album con Criss Oliva. Tutte cose vere, non si scappa, ma che bene o male allontanano anche se parzialmente l’attenzione dalla musica, la cosa che più conta. Ed invece, la chiave per comprendere “Edge Of Thorns” passa proprio dalla musica e dall’apprezzamento per le modifiche che i fratelli Oliva hanno saputo apportare al proprio songwriting, domando l’onda dei cambiamenti che colpivano la band in quel periodo e non lasciandosene sommergere. E il risultato è che a ragione “Edge Of Thorns” può essere considerato come un episodio a sè stante, diverso da “Gutter Ballet” e da “Streets”, ma anche profondamente diverso da “Handful Of Rain”, e da tutto ciò che verrà dopo. Un disco unico all’interno di una discografia complessa, che di variazioni in termini di sound ne ha viste tante. Ed è in questa unicità che risiede il suo valore. Come si può infatti non apprezzare la elegante potenza che il caldo timbro di Stevens ha apportato? E come non si possono non spalancare gli occhi per lo stupore nel considerare gli splendidi passaggi di chitarra che Criss ci lascerà come ultimo dono? Semplicemente non si può. E così il suadente pianoforte iniziale nella title-track si fissa nel nostro cuore con fermezza, insieme allo splendido ritornello. Il trittico successivo “He Carves His Stones”, “Lights Out” e “Skraggy’s Tomb” ci presentano il lato potente dell’album, mostrandoci che la scelta di inserire Stevens alla voce è un possibile punto di forza, non una cosa da deprecare: il sound di queste canzoni, anche se meno improntato sull’immediatezza e l’aggressività rispetto agli album precedenti, è infatti assolutamente in grado di colpire e lasciare il segno. Con gli strumentali “Labyrinths” e “Exit Music” tornano in cattedra i fratelli Oliva, con prestazioni alla sei corde e al pianoforte davvero toccanti, mentre nella stupenda “Follow Me” viene mostrata un alchimia perfetta tra la nuova voce e il sempre più rotondo approccio ritmico di Criss. “Degrees Of Sanity” e “Conversation Piece” riscrivono a modo loro pagine di heavy metal classico Anni ’90… lo riscrivono con un sound elegante ma potente, distante oramai sia dalla lezione Iron Maiden/Judas Priest, che dal sinfonico di “Streets”. “Damien” è ancora un solido esempio di roccioso heavy d’alta scuola, mentre “Miles Away” copre perfettamente il compito di dare all’ascoltatore un inatteso colpo di coda finale grazie alla sua energia. La sognante “Sleep” chiude con una nota di dolcezza un album diverso, ‘unico’ dicevamo, ma ancora una volta praticamente perfetto, che col tempo entrerà nel cuore dei fans tanto quanto i fortunati tre dischi della fine degli Anni ’80. Sarebbe potuto essere un punto di svolta per i Savatage, se non fosse che un brusco cambiamento colpì la band prima che si potesse fare un punto sul successo di quest’album e sulla futura via da seguire. Alle volte, il destino sa essere veramente beffardo.