7.0
- Band: SAVATAGE
- Durata: 01:02:40
- Disponibile dal: 03/04/2001
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Difficile affezionarsi a “Poets And Madmen”. Un po’ dobbiamo ammettere che l’album ci mette del suo (non è immune da difetti, come vedremo), ma un po’ della diffidenza che molti fan nutrono verso questo lavoro è anche il prodotto secondario di una serie di condizioni al contorno che hanno accompagnato questa uscita discografica. Innanzitutto, “Poets And Madmen” è il colpo finale della band, quindi nella memoria di tutti, questa particolare uscita è legata al ricordo (brutto) dello scioglimento mai ufficializzato della band. E’ anche l’unico album dell’ultimo periodo al quale Zachary Stevens non abbia partecipato; e poco importa che al suo posto troviamo il cantante originale Jon Oliva: con i grandi lavori “Handful Of Rain” e “Dead Winter Dead” il dimissionario cantante di origine bosniaca si era, almeno per molti, guadagnato il diritto di dirsi il vero frontman della band. Un retrogusto dunque amaro accompagna da sempre quest’album, un retrogusto che contribuisce al nasconderne le qualità e ad esaltarne per contro gli aspetti meno esaltati. La verità però è che ogni disco vive necessariamente di giudizi soggettivi e globali, quindi non possiamo dire, né ora né mai, che “Poets And Madmen” sia uno dei colpi vincenti della band. E’ un album onesto, a tratti anche buono, che raccoglie l’elaborata struttura degli album dell’ultimo periodo ma compie l’errore di provare a coniugarla ad un sound che vorrebbe guardare al passato della band, precisamente al periodo di “Hall Of The Mountain King”. Solo che di quel periodo manca tutto… manca il drumming più nervoso di Wacholz, manca il chitarrismo esplosivo di Criss… nemmeno la voce di Jon è ovviamente più la stessa. La band è ora più elegante, di sicuro più matura, ma è priva di quella spontaneità che rendeva gli album del periodo centrale dei veri capolavori. E’ quindi, almeno a nostro parere, l’eccessivo concentrarsi sul forzato recupero di queste sonorità a provocare una brutta spaccatura. I nuovi Savatage che giocano a fare i vecchi Savatage sono una cosa che in molti avrebbero preferito non vedere, ed il risultato è che l’album ne ricava un andamento tentennante, un gusto nostalgico che non si capisce se derivi dalle cupe liriche del concept o dall’approccio della band stessa al pentagramma. I bei brani ci sono, eccome: “Morphine Child” è un colpo di mano della portata di “Chance”, il classico pezzo che scrive pagine di metal con una facilità impressionante. Ma è da solo, piantato lì in mezzo ad una tracklist un po’ discontinua. L’opener “Stay With Me Awhile” e “There In The Silence” sono eleganti squarci di heavy di gran classe, ma mancano di quella capacità di intrattenere e coinvolgere che avevano “This Is The Time” e “Turns To Me”. “Surrender” è diretta e arcigna, ma graffia meno delle canzoni del periodo centrale. Come dicevamo, affezionarsi a “Poets And Madmen” è difficile, ma non riconoscerne il valore sarebbe parimenti un grave errore.