SAVIOUR MACHINE – Saviour Machine II

Pubblicato il 22/02/2023 da
voto
9.0
  • Band: SAVIOUR MACHINE
  • Durata: 01:16:20
  • Disponibile dal: 03/02/1994
  • Etichetta:
  • Intense Records

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Un’effimera cometa in un cielo vastissimo e illuminato da miliardi di stelle, più appariscenti e catalizzatrici di attenzioni: questi sono stati i Saviour Machine per la scena metal degli anni ’90. Troppo particolari, trasversali, grevi e visionari per appassionare una platea ampia; eccessivamente camaleontici, per poter radicare un seguito considerevole; infine, nemmeno così strettamente metal, quando dopo pochi anni si sono inerpicati nel ponderoso concept “Legend”, ammantando di un’aura ancora più criptica una proposta già in partenza tutt’altro che di facile masticazione. Se il folgorante esordio “Saviour Machine I” si basava su progressioni metalliche esaltanti, tour de force intensi cavalcati da vocalizzi spiritati, un ammassarsi di note sempre più incalzante, vibrante e apocalittico, con il secondo capitolo, arrivato sul mercato appena un anno più tardi, quei caratteri fondanti mitizzati da canzoni superbe come “Force Of Entity” e “Killer”, già vengono meno. Ed esce una natura che sarà poi più chiara nelle pubblicazioni seguenti, con le tastiere – utilizzate ad ampio spettro e spesso con finalità pianistiche – a mettersi al centro delle complesse tessiture strumentali, mentre le chitarre, qui a tratti ancora potenti, immaginifiche e dense, vengono poste lievemente in secondo piano. Quando nel primo disco erano il traino di composizioni funamboliche ma rigorose nel perseguire linee guida forgiate nell’enfasi della narrazione, fatta di metafore richiamanti la bibbia e un’interpretazione dell’esistenza e della società filtrata dalla sensibilità religiosa dei musicisti all’opera.
Musical, opera rock, ricerca di significati profondi, lotte esistenziali, tormenti, la musica dei Saviour Machine sembra essere ‘troppa’, contenere un agglomerato sonoro ed emotivo insostenibile e difficile da comprendere, se rapportato a quanto offerto mediamente dal metal classico – accezione che per la formazione dei fratelli Clayton vale solo come elementare categorizzazione. Il misto di notturni pianistici e orchestrazioni pompose della introduttiva “Saviour Machine I” non è propriamente quanto è lecito attendersi da un’opener, così sovraccarica di misticismo e drammaticità. Eric Clayton è già divenuto più intimista rispetto all’esuberanza del primo album, si pone in una veste raccolta, agghindandosi di quelle sembianze di sconfitto cantore che quasi fanno presagire anche il difficile vissuto degli anni a venire, tra problemi fisici e delusioni affettive. In “Saviour Machine II” però siamo ben lontani dal trovarci dinnanzi a una band dimessa e tutta concentrata sulla mestizia; piuttosto trionfano i contrasti, accoratezza titanica e rimestare nella tristezza si intervallano in un turbinio di potenza, foga catartica, voli alti verso l’eccelso e brusche torsioni per inoltrarsi nell’oscurità.
Tutto è permeato di una elegante poetica, di un alone plumbeo e di sentori di mistero. Clayton declama, più che cantare, soffre in assonanza con le parole proferite, adagiandosi su melodie fini e taglienti, con le orchestrazioni che avvampano di una forza quasi sovrannaturale. Come accaduto per “Saviour Machine I”, non c’è un attimo di respiro: le tracce confluiscono l’una nell’altra, togliendo le pause e forzandoci a stare ben dentro il percorso narrativo del gruppo. I ritmi sono quelli del progressive più contorto e colto, gli arrangiamenti delineano un sentiero accidentato e ricco di sorprese, passando da trame distese e quasi morbide a strappi movimentati ed ebbri di foga. Si potrebbe parlare, senza esagerazioni, di una celebrazione religiosa in versione gotico/metallica, la musica sembra condurci, velatamente, a un clima di riflessione e ricerca interiore, muovendosi tra tappeti pianistici vellutati ed epiche cavalcate sinfoniche. I Saviour Machine arrivano anche a spogliarsi completamente di belligeranza, cantando odi magnifiche (“Ascension Of Heroes” e “American Babylon” ne sono gli esempi migliori), insistendo in soliloqui per voce e tastiere che vanno già a dire addio, almeno momentaneamente, all’involucro metallico.
In analogia a quanto avvenuto nel primo album (allora si trattava di “Killer”), bisogna esplorare a fondo la traccia di maggior durata, “The Stand”, per ottenere l’affresco più dettagliato, preciso ed esaustivo del pensiero-Saviour Machine. Un’introduzione sinistra e orientaleggiante schiude gradatamente a una suite prima mormorante, sorniona, quindi in mansueta ascesa verso quella dimensione eroica-religiosa che è il naturale terreno per veicolare il messaggio della band. La musica scorre segmentata in sezioni che a volte viaggiano per conto loro, le chitarre su un piano, le tastiere e le partiture sinfoniche su un altro ancora: quando confluiscono, la potenza generata annichilisce, mentre Clayton non interrompe mai il suo fervore vocale.
L’ingentilimento e la dilatazione di alcuni brani pone addirittura qualche difficoltà di approccio aggiuntiva, in confronto a “Saviour Machine I”. Il secondo lascito discografico dei losangelini palesa il desiderio di andare oltre il metal e l’ambizione a un’identità più legata alla musica sinfonica, mediata comunque da una sensibilità rock di vedute mutevoli. La qualità di scrittura rimane a livelli vertiginosi dall’inizio alla fine, anche se la durata del lavoro e la natura assai contemplativa della porzione finale di tracklist possono mettere a dura prova, se non adeguatamente motivati. “Saviour Machine II” rimane album da riscoprire, frutto di un’alchimia artistica rara e non più replicata dagli stessi musicisti suoi autori.

 

TRACKLIST

  1. Saviour Machine I
  2. The Gates
  3. Enter the Idol
  4. The Hunger Circle
  5. Child in Silence
  6. Ascension of Heroes
  7. Paradox
  8. The Stand
  9. American Babylon
  10. Ceremony
  11. Overture
  12. Love Never Dies
  13. Saviour Machine II
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