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- Band: SAXON
- Durata:
- Disponibile dal: //2002
- Distributore: Audioglobe
Confesso di essermi accostato a questo ‘nuovo’ album dei Saxon con quella precauzione e prudenza che, almeno secondo il sottoscritto, sono obbligatoriamente di rigore quando sul banco degli imputati si ha a che fare con una band dal passato assai illustre ed una raccolta di materiale datato che non è, e non vuol essere, semplice retrospettiva sui grandi successi di ieri, ma attenta rilettura e rivisitazione in chiave attuale di un pezzo di storia che picchia, scalpita ed urla perché non venga buttato via come un vecchio scarpone. Fin qui nulla di nuovo; già nomi di assoluto rispetto si sono lanciati in simili operazioni per rinverdire o, semplicemente, per riverniciare con una nuova interpretazione un passato che non ne vuole sapere di essere considerato come tale. E se da una parte le analoghe esperienze di Gamma Ray e Testament potevano anche considerarsi superflua autocelebrazione, nel caso di Biff Byford e la sua ‘banda’ di musicisti c’era effettivamente il bisogno di poter riascoltare i grandi classici che diedero il via alla fondamentale NWOBHM con un sound più attuale ed un’interpretazione che, a distanza di venti e più anni, fosse capace di far brillare nuovamente titoli come “747 (Strangers In The Nights)”, “Crusader”, “Wheels Of Steel”, “Heavy Metal Thunder”, “Strong Arm Of The Law”, e riconsegnarli in mano ai teenager di oggi e, perché no, di allora. A questo punto potremmo chiederci se i Saxon avessero realmente bisogno, e perché, di ricorrere ad un espediente del genere per tornare alla ribalta, dopo un indiscusso declino già nella seconda parte degli anni Ottanta e soprattutto un ingiusto oscuramento nell’ultima decade, che ha visto il mercato ed il pubblico dei nostri indietreggiare consistentemente ad appannaggio delle nuove tendenze; effettivamente non è così semplice tracciare una linea per distinguere l’obsoleto dal ‘vintage’, ed è forse per questo che le registrazioni dei Saxon, come del resto di tantissime altre band dei primi anni Ottanta, suonano oggigiorno assai datate e ‘fuori moda’ se confrontate a quegli standard attuali che permettono, ad esempio, ad una band come i Judas Priest di poter riproporre on stage i propri classici settantiani con dei piccoli accorgimenti capaci di attualizzarli e di renderli, per così dire, ‘fruibili’, e quindi assimilabili, anche da un orecchio avvezzo alle sonorità odierne. “Heavy Metal Thunder”, pur nella sua relativa carica emotiva che può regalare allo storico pubblico della band britannica, si presenta comunque come un’uscita finalizzata a far conoscere il mondo dei Saxon all’audience di oggi, permettendosi inoltre di essere foriero di un imminente ritorno ai vertici che ha iniziato a rendersi qualcosa in più che una sparuta possibilità, successivamente alla release dell’ultimo ottimo album in studio, “Killing Ground”, ed alle acclamatissime esibizioni nei vari festival europei nel 2002. Tralasciando le tracce registrate dal vivo presenti sul secondo cd (che non godono purtroppo la stessa qualità sonora della sezione registrata in studio), “Heavy Metal Thunder” è un lavoro davvero ben curato e che colpisce nel segno, una sorta di ‘abc’ della musica heavy riletto e rivisitato a distanza di un paio di decenni e che, tra i tanti pregi già elencati, ne possiede uno che più di ogni altro vale la pena di tenere bene a mente: qui vi è infatti la conferma di come tutte le mode muoiano, prima o poi, ma la musica heavy metal sia qui per rimanere. Frasi fatte, ma sempre efficaci…