6.0
- Band: SAXON
- Durata: 00:45:09
- Disponibile dal: 27/09/2004
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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Tornano alla ribalta i mai domi eroi dell’Inghilterra metallica, a distanza di tre anni dall’ultimo ed acclamato “Killing Ground”, con questo nuovo attesissimo “Lionheart”, album che, almeno stando alle parole del carismatico frontman Biff Byford, dovrebbe essere il disco più potente mai realizzato dalla band (anche grazie all’apporto dato dall’onnipresente drummer Jorg Michael, del quale non si contano ormai più tutte le partecipazioni nelle rispettive band). Effettivamente non si può dare torto a quest’affermazione del lungocrinito Biff, perché, drumming energico a parte nel classico Jorg Michael style, i riff di Paul Quinn e Doug Scarratt risultano veramente taglienti e pesanti come non sempre si era sentito in precedenza dai Saxon, e la sensazione viene ulteriormente incentivata da una produzione potente ed al passo coi tempi; d’altra parte, come dargli torto quando, inserito il dischetto nel lettore, si viene spazzati via dalla terremotante potenza di un’opener come l’ottima (anche se un po’ troppo scontata) “Witchfinder General”? Ad ogni modo, elencati i lati positivi di questo disco, insieme con la track migliore del lotto, passiamo alle note dolenti, note nel vero senso della parola, dato che il difetto di “Lionheart” risiede proprio nell’effettiva qualità delle song. Per dirla tutta, c’era grande attesa per la nuova fatica targata Saxon, e dopo l’innesto di un elemento come Jorg Michael nella line-up, tre anni di pausa e un disco assolutamente degno di menzioni e lodi come “Killing Ground”, questa nuova release della band inglese lascia veramente l’amaro in bocca. Intendiamoci: non è nostra intenzione bocciare in toto “Lionheart” (e tanto meno la band, che in ben venticinque anni di carriera ha regalato al popolo metallico delle vere chicche di classe e potenza!) ma, associando questo nome a quello ben più altisonante dei cinque Sassoni e non a quello di una band emergente, ci si chiede cosa sia potuto andare storto. A dispetto della già menzionata opener, infatti, il resto del disco si mantiene sempre su coordinate sì potenti, ma anche ‘fiacche’ (stilisticamente e qualitativamente parlando), ed a volte anche scontate ed evitabili. Non basta una canzone tutto sommato discreta come la title-track, ed altri due pezzi più che rispettabili ed accettabili da una band come quella della rodata coppia Byford/Quinn come “Justice” e “To Live By The Sword” (la prima delle quali ricorda molto da vicino le sonorità dell’ultimo “Killing Ground”, ed interseca a tratti delle sonorità care ai connazionali Judas Priest), perché canzoni tutto sommato mediocri ed inutili come “Man And Machine”, “Beyond The Grave” (anche se presenta un buon break solistico di chitarra) e “Jack Tars” contribuiscono ad annullare quanto di buono è stato fatto negli altri pezzi. Ad ogni modo, “Lionheart” è un disco la cui validità può essere ritenuta sufficiente per tutti gli aficionados della band, dato che raggiunge comunque la sufficienza… peccato, ad ogni modo, per il non indifferente passo indietro compiuto rispetto all’ottimo “Killing Ground”. Tuttavia, visto quanto Biff & compagni ci hanno regalato nella storia dell’heavy metal, un mezzo passo falso come questo può essere abbondantemente scusato!