8.0
- Band: SCHELETRO
- Durata: 00:20:00
- Disponibile dal: 20/09/2022
- Etichetta:
- Time To Kill Records
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Tornano gli Scheletro, a quattro anni distanza da quel sorprendente “Farfalle Dentro Al Vomito”, album di debutto della metal-punk band di Roma, che aveva catturato l’attenzione sia nostra (al punto da averli inseriti in una edizione del nostro festival) che del pubblico, grazie al suo formidabile impatto sonoro, oltre che e ai suoi testi dissacranti, ironici e profondamente nichilisti. Non è mai facile, dopo un album di debutto tanto incisivo, tornare sulle scene senza deludere le aspettative. Per farlo, l’approccio può essere quello di ricalcare quanto di buono è già stato fatto, rimescolando un po’ le carte, riciclando magari qualche idea accantonata ma giocando sostanzialmente col pilota automatico… Ma è con sommo piacere che rassicuriamo i fan: non è questo il caso.
Chiariamo che, da un punto di vista stilistico e prettamente musicale, parliamo di un disco che suona Scheletro al 100%, ma stavolta i Nostri decidono di dare vita a un concept album piuttosto impegnativo, che mette al centro i testi, su un livello decisamente più ragionato e meno istintivo, dando vita ad un lavoro impegnativo da affrontare e da comprendere, specie se si decide di andare a fondo nel comprendere le tematiche affrontate. Per interpretare e capire al meglio “Un Feto Schiacciato Senza Tre Falangi” è quindi necessario farlo prendendosi il tempo di ascoltare l’album con i testi alla mano. Il concept è basato su diverse storie di vita, che si intrecciano tra di loro, dove i tentativi di ribellione di una figlia nei confronti di una famiglia patriarcale, vengono repressi dal padre padrone che recita “i figli qua in campagna non li porta la cicogna“. Si parla di ricatti sessuali nel mondo della scuola, di perversioni sessuali e necrofilia, di disagio urbano, di suicidio da parte della protagonista, incinta. Insomma i temi sono tanti e sono affrontati con questa verve nichilista e dissacrante, senza la presunzione però di voler fare gli intellettuali – quindi mantenendo bene a fuoco la loro identità di voci di strada.
Musicalmente, dicevamo, gli Scheletro in questo capitolo rafforzano ulteriormente la propria identità, riuscendo a far andare a braccetto l’hardcore italiano più tradizionalista (Negazione, Nerorgasmo, giusto per citare le coordinate principali) con un suono e un riffing figlio di certo thrash metal più crudo e primordiale (Slayer, senza andare troppo lontano). Le canzoni sono brevi ed efficaci come delle spietate rasoiate al viso, tra un refrain memorizzabile e rallentamenti azzeccati il disco scorre via che è un piacere, e sebbene i pezzi forse siano meno immediati rispetto al disco di debutto, non c’è l’ombra di un filler o di un momento di stanca; anzi, c’è perfino spazio per un brano più sperimentale: parliamo della conclusiva “Né Acceso né Spento”, un pezzo molto introspettivo, dove Demian si cimenta anche con un cantato pulito.
Riascoltarli dopo quattro anni di silenzio è un po’ come rivedere quel un vecchio amico che non si faceva vedere da un po’, ma che in pochi minuti scioglie il ghiaccio, ed ha già ristabilito lo stesso feeling dei vecchi tempi. Questa è la prova provata, se mai ce ne fosse bisogno, che non si deve per forza far uscire album inutili se non si ha nulla da dire per essere ricordati dal proprio pubblico.