7.5
- Band: SCORPIONS
- Durata: 00:44:29
- Disponibile dal: 25/02/2022
- Etichetta:
- Universal Music Enterprises
- Virgin
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Cinquant’anni di carriera, milioni di dischi venduti, hit capaci di scalare le classifiche di tutto il mondo, concerti sold out dovunque… Di sicuro gli Scorpions non avevano bisogno di un nuovo disco e, stando alle loro dichiarazioni, nemmeno avevano in programma di farne uno; eppure la formazione tedesca, complice anche l’ingresso di Mikkey Dee, deve aver trovato una sincera ispirazione, dando alle stampe un disco classicissimo, sorprendente nel suo essere così energico e, soprattutto, di buonissima qualità. Questa volta gli Scorpions hanno deciso di strizzare l’occhio agli album degli anni Ottanta, come “Black Out” o “Animal Magnetism”, prediligendo quello spirito genuinamente rock che li contraddistingueva negli anni precedenti al celeberrimo “Crazy World”.
“Rock Believer” parte carico a pallettoni con una splendida accoppiata: “Gas In The Tank” e “Roots In My Boots” ci restituiscono una band in formissima, capace di tirar fuori riff incisivi e linee vocali memorabili, complice anche una produzione ed un suono semplicemente perfetti. La band continua a veleggiare su ottimi livelli per tutta la prima metà dell’album, giocandosi le sue carte migliori e iniziando a farci sospettare di trovarci di fronte ad un inaspettato colpo di coda, capace di rivaleggiare con alcuni ottimi dischi del passato. La melodia accattivante della titletrack ci rimane in testa fin dal primo ascolto e ci ritroviamo a canticchiarla quasi senza pensarci; “Shining Of Your Soul” ammicca sorniona al reggae, mentre “Seventh Sun” ci riporta agli Scorpions più cadenzati ed epici, pur senza arrivare alle vette degli anni Settanta con Uli Jon Roth. Dispiace, quindi, che nella seconda metà dell’album, invece, la qualità delle canzoni si spenga un poco e, se è vero che “When I Lay My Bones To Rest” è un rock’n’roll infuocato che sarebbe piaciuto molto a Lemmy, il resto delle tracce è figlia del mestiere di chi sa esattamente come comporre una canzone, ma senza lo stesso entusiasmo dell’apertura. Anche l’inevitabile ballad, “When You Know (Where You Come From)”, ci è parsa inferiore agli standard di una band che su questo tipo di canzoni ha fatto una fortuna, firmando alcuni dei classici più famosi della storia del rock. Poco male, comunque, perchè anche al netto di questo leggero calo finale, “Rock Believer” rimane un album assolutamente godibile, che acquista ancora più valore considerando l’età e la longevità di una band che, senza dubbio, ha ancora benzina nel serbatoio.