7.5
- Band: SCORPIONS
- Durata: 00:52:44
- Disponibile dal: 11/05/2004
- Etichetta:
- EMI
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Tre anni di lunga attesa sono passati da “Acoustica”, album unplugged che in fin dei conti nulla di nuovo presentava sul fronte Scorpions, se non vecchie glorie rivisitate nella loro forma più primordiale. Finalmente la leggendaria band tedesca, forte del nuovo bassista Pawel Maciwoda, torna di nuovo a ruggire con un full-length intenzionato, secondo voci da tempo trapelate in rete, a segnare un ritorno stilistico alle sonorità hard rock che hanno reso famosi gli Scorpioni in tutto il globo. Sarà una bugia? No, possiamo invece affermare che la verità sta quasi nel mezzo, perché l’opener “New Generation”di old school contiene poco o nulla, i riff di Rudolph Schenker e le vocals di Klaus Meine sono figli del nuovo rock pesante ed il sound compresso delle chitarre si mantiene in perfetta linea con le uscite più recenti in ambito metallico. Fortunatamente, a correggere il tiro, ci pensa la successiva “Love’em Or Leave’em”, in cui le asce continuano a distinguersi come elemento moderno, sebbene le linee vocali questa volta riprendano le sontuose melodie in tipico stile Eighties che già dal primo ascolto rimangono indelebilmente impresse nella mente. Questa è proprio la filosofia degli Scorpions del 2004: il segreto di “Unbreakable” consiste nel saper amalgamare idee di scuola rock storica (per la maggiore) con un sound attuale in grado di conquistare anche i fan più giovani fino ad oggi attirati solo da proposte nu metal e affini. La vecchia guardia non viene però dimenticata: con due hit quali “My City, My Town” e “Through My Eyes” ritorniamo al 1988 ed alle melodie sfacciate e accattivanti di “Savage Amusement”, uno dei lavori più riusciti della band. Se dovessimo attribuire un titolo nobiliare agli Scorpions, di certo il migliore sarebbe “Re delle ballad strappalacrime”… non a caso su “Unbreakable” troneggiano due brani lenti, “Maybe Me, Maybe You”, non certo originale ma di pregiata fattura, e “She Said”, probabilmente l’episodio meno riuscito dell’intera opera. In definitiva “Unbreakable” segna un ritorno di classe (dovevamo forse aspettarci altro?) per una delle band più importanti del panorama rock mondiale, e Rudolph Schenker, Kalus Meine e Matthias Jabs riescono a stupire con un lavoro degno (se non superiore) di “Face The Heat”, degno dell’illustre passato ottantiano, degno di confrontarsi ad armi pari con il rock del nuovo millennio.