7.0
- Band: SCOTT KELLY , STEVE VON TILL , WINO
- Durata: 00:37:05
- Disponibile dal: 12/06/2012
- Etichetta:
- My Proud Mountain
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Prima o poi era inevitabile che Scott Kelly e Steve Von Till andassero ad omaggiare Townes Van Sandt, leggendario musicista folk e sommo menestrello dell’america più rurale e nascosta, forse tra i più sinceri e popolari di sempre insieme a Woody Guthrie e Hank Williams. Che i due Neurosis adorino la musica roots americana, quello ormai lo sanno anche i sassi, basta andarsi ad ascoltare la loro ormai copiosa discografia solista, quasi esclusivamente unplugged, per rendersene conto. E, per l’occasione, i due hanno voluto fare le cose in grande ed invitare al simposio anche il loro vecchio compare Wino, altro soggetto illustre che delle radici più sanguigne della musica folk americana se ne intende non poco, e che ha sempre mostrato innegabili influenze soul e blues anche nei suoi progetti più heavy. Ne è scaturtito un lavoro onesto, commovente e molto viscerale, che mostra innnanzitutto, come si accennava poco fa, che i tre non solo sanno suonare questa roba come dei veri cantautori folk, ma che di questa musica se ne intendono, e tanto anche, e che hanno studiato Van Sandt fino al livello molecolare. Von Till, come al solito, ha optato pe run approccio più serioso e tenebroso, interpretando in gran spolvero le canzoni più oscure e rassegnate di Van Zandt, quelle scaturite maggiormente dall’alcolismo e dalla tossicodipendenza cronica e sfrenata che ha sempre attenagliato il cantautore americano. Ne sono esempi chiarissimi una “Black Crow Blues” da brividi (ora abbiamo forse capito da dove i Neurosis hanno preso quella ticchettante e agghiacciante intro di “Stones From The Sky”?) e la struggente “If I Needed You”, che apre il disco su una nota davvero crepuscolare. Il baratro viene però toccato nella re-intrepretazione della tenebrosa “The Snake Song”, in cui Von Till fa anche un ottimo uso del moog e della steel guitar, condendo il tutto con un cantato quasi soffocato che evoca scenari estremamente astratti e incupiti, più in stile Harvestman che altro. Scott Kelly invece celebra Van Sandt in maniera più gioiosa e colorita, creando praticamente delle vere cover piuttosto che delle reinterpretazioni, come nell’approccio più enigmatico di Von Till. Sia “St. John The Gambler” che “Lungs” che “Tecumseh Valley” sono delle scarnissime e onestissime ballate folk di una semplicità e di una essenzialità quasi artefatta, ma Kelly le esegue senza pretese e con una onestà debordante. La chitarra acustica è cristallina e scintillante, e la voce del musicista aperta e limipida, due fattori che hanno reso i brani molto ammalianti e piacevoli, in totale antitesi con la performance più imbronciata di Von Till. Wino, dal canto suo, ha optato invece per un approccio più essenziale e meno drammatico dei due Neurosis, interpretando “Nothing”, “A Song For” e “Rake” con piglio molto più sbarazzino e leggero, sempre, anche lui come Kelly, accompagnato soltanto dalla chitarra acustica e dalla sua stessa voce, rasposa e un po’ nasale. Wino è forse colui che ha maggiormente “riprodotto” meglio il Van Sandt originale, grazie ad una delivery che appare meno concentrata e preoccupata, ma anzi più spontanea e distratta, come il vero Van Sandt era, spesso inconsapevole mentre cantava e suonava canzoni di morte e depressione col sorriso sulle labbra e in un costante stato di alterazione e narcotizzazione. In conclusione, “Songs Of Townes Van Zandt” è un lavoro di una onestà e integrità quasi commovente, che ci mostra tre metallari tra ai più rispettati ed amati al mondo intenti ad esplorare le loro stesse origini musicali con grande passione e interesse, mostrando curiosità e grande rispetto verso uno dei loro idoli più amati. Siamo ovviamente anni luce da come conosciamo Wino, Scott Kelly e Steve Von Till nel loro ambiente naturale, ma questo album folk, a conti fatti, non può non piacere, tanto è onesto e sentito.