7.5
- Band: SCUORN
- Durata: 00:48:24
- Disponibile dal: 25/02/2017
- Etichetta:
- Dusktone
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Progetto orgoglioso quello degli Scuorn, nome che si rifà poi al mastermind e polistrumentista Giulian, napoletano verace e che della cultura di cui è intrisa la sua terra ne ha fatto arte, significato e significante tramite un black metal epico e cangiante, funestato di tradizioni ambivalenti che qui s’incrociano e prosperano. Orchestrato da Riccardo Studer degli Stormlord, “Parthenope” è un concept album che racconta in realtà diverse storie, e l’unica, vera protagonista, che sembra stare sullo sfondo degli intrecci storici come un deus ex machina, è Napoli, silenziosa eppure fragorosa, defilata ma presente come il Vesuvio che nella bella copertina distrugge e reclama la propria furia sotto lo sguardo immoto della dea Partenope. L’approccio è quello del black metal, tradizionale nel suo significato primigenio e nelle sue radici folk inteso come identità e riconoscimento: le liriche sono in napoletano e occasionalmente latino, la terra natia è sacra e assurge a divinità esulante da tempo e cicli vitali, tanto quanto fanno le foreste e le tundre nordiche delle ispirazioni nordeuropee a cui siamo forse più abituati. Per carità, non siamo di certo di fronte ad una rivoluzione culturale inedita nel Belpaese, e senza far nomi gente come Agghiastru è sulla stessa pagina da un bel po’, però possiamo dire che il lavoro degli Scuorn si trova in una posizione che gli permette di non temere alcun confronto. Il disco è composto, suonato e prodotto mirabilmente, il retaggio partenopeo ha saputo fondersi in maniera inaspettatamente naturale con il sostrato di black metal barocco ed epicheggiante che piacerà a fan degli ultimi Emperor, Septicflesh e Dimmu Borgir, ed ecco che mentre ascoltiamo le vicende narrate in “Virgilio Mago” fanno capolino accenni di tarantella, mandolini si affacciano nei diversi racconti che coinvolgono sfuriate e rimandi alla canzone napoletana che – ed è qui che sta la bravura – riescono estremamente ben amalgamati nel contesto senza suonare come una forzatura: un rischio certamente plausibile che è stato aggirato con maestria. Oltre ad un ottimo lavoro musicalmente parlando, anche a livello di concetto i Nostri non si sono risparmiati, raccontando in ogni capitolo un episodio della storia napoletana, dall’eruzione del 79 d.C. a un riuscito incontro fra Ulisse, legato all’albero maestro, e la sirena Partenope, in una title track che lascia il segno di una forza dirompente per il gusto nella scrittura e per il racconto coinvolgente, tanto nella sostanza quanto nella forma. Non ci sentiamo di dire cose non vere, non crediamo di essere di fronte a una rivoluzione o di un giorno ‘zero’ per il black metal tricolore, però è anche vero che questo disco rischia di lasciare certamente una traccia consistente del proprio passaggio nel libello dell’italica fiamma nera, e di diventare un punto di riferimento in mezzo ad altri nomi che ne hanno scritto i passaggi fondamentali. Non così male, no?