8.5
- Band: SEANCE
- Durata: 00:31:03
- Disponibile dal: 08/06/1992
- Etichetta:
- Black Mark
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La Svezia che non suona svedese: di esempi simili se ne possono trovare vari, scavando un po’ nell’underground, perché in effetti la storia del death e del black metal è ormai lunga ed è da sempre fatta anche da cosiddette ‘mosche bianche’, non solo da legioni di band concentrate in correnti divise per sound e zona, pronte ad influenzarsi a vicenda e subito identificabili attraverso pochi distintivi elementi.
Tuttavia, nei primi anni Novanta, certe discrepanze erano più rare o comunque facevano maggiormente scalpore, tanto da rendere questi gruppi eccezioni alla regola dei veri e propri outsider, poco inseriti nelle scene locali e altrettanto poco considerati da pubblico e media. È ad esempio il caso dei Seance, death metaller originari di Linköping, protagonisti con il debut “Fornever Laid to Rest” di una notevole prova di death metal a stelle e strisce strambamente made in Sweden. Quando, nel 1992, il panorama svedese e scandinavo in generale viaggiava ancora sulle ali dell’entusiasmo generato dall’uscita di seminali capolavori come “Left Hand Path”, “Like An Ever Flowing Stream”, “Clandestine” o “Into the Grave”, il quintetto guidato dal chitarrista e principale compositore Patrik Jensen sembrava completamente avulso da tale realtà e preferiva invece guardare con insistenza a quanto stava avvenendo oltreoceano, lavorando su linee di sviluppo che intrecciavano alcuni dei migliori insegnamenti di certi leader della scena statunitense dell’epoca.
I riferimenti di “Fornever…” si possono trovare soprattutto in Deicide e Malevolent Creation, nomi oggi considerati standard per un certo tipo di suono, ma che allora – pur facendo subito proseliti dopo avere messo a segno alcuni ottimi lavori – avevano ancora qualcosa da dimostrare per diventare definitivamente leggenda. L’ascolto di “Deicide” e “The Ten Commandments” tuttavia deve evidentemente aver colpito i Seance a tal punto da influenzare e plasmare la loro proposta sin dal principio, portandoli a distaccarsi immediatamente da quel ruvido suono svedese dal retaggio punk, caratterizzato dal pedale HM-2, che in quei giorni faceva il bello e il cattivo tempo nel panorama locale. All’appuntamento con il proprio debut album, il gruppo svedese per di più accentua ulteriormente il carattere frenetico e tecnico del filone floridiano, mettendo al centro un approccio narrativo e digressivo che, sin dall’incipit inquieto e turbolento di ogni brano, si snoda attraverso una vorticosa spirale di riff e contrappunti con andamento talvolta al limite del surreale. Come quel “Legion” che i maestri Deicide avevano sulla rampa di lancio proprio in quel periodo, “Fornever Laid to Rest” spinge tantissimo su una progressione prepotentemente chitarristica, nella quale l’eredità slayeriana viene compressa e poi distorta lungo trame precise, ‘pulite’, eseguita con lucida efferatezza, in un equilibrio da funamboli, tra furiosi climax e fugaci concessioni a midtempo che non fanno altro che rendere le successive ripartenze ancora più parossistiche. Nel suo incedere, il disco non palesa colpi a vuoto, risultando attentamente congegnato nelle sue avvincenti geometrie angolari, nonostante una sua oggettiva complessità; tanti riff, molteplici cambi di tempo e un’interpretazione che sa di passione, perfetta conoscenza della materia e ispirazione: così i Seance aggirano i facili accostamenti, mettendo davanti a tutto il songwriting e una concreta forza espressiva, raggiungendo vette poco esplorate anche da tanti nomi americani sulla bocca di molti.
L’album è un fiume in piena che travolge e che si arresta appena prima di diventare estenuante, con una durata – a suo modo perfetta – di poco più di mezz’ora. Qualità concentrata in nove frustate nelle quali tutto sa essere allo stesso tempo esuberante e calibrato, con quella tecnica finemente messa al servizio della canzone, senza mai scadere in sfoggi sterili. Una formula che purtroppo verrà messa da parte già a partire dal successivo “Saltrubbed Eyes”, disco più improntato sul groove e poco fortunato alla sua uscita, tanto che finì per rappresentare il cosiddetto epitaffio per la band, prima di una altrettanto poco acclamata reunion (con tanto di comeback album) avvenuta nel 2008.
Per i cultori della scena svedese, sarà forse interessante sapere che in questi decenni il succitato Patrik Jensen è stato tutto fuorché inattivo o legato esclusivamente al nome Seance: a lui si deve infatti la fondazione dei The Haunted assieme ai gemelli Bjorler di fama At The Gates, così come non vanno sottovalutati gli altrettanto longevi black-thrasher Witchery, altra creatura musicale avviata dal chitarrista ormai un quarto di secolo fa.
I grovigli ritmici e le esalazioni malevole di “Fornever Laid to Rest” restano comunque quanto di più violento e ‘virtuoso’ su cui Jensen abbia messo mano in carriera: un death metal che – a maggior ragione in un periodo in cui è costante il recupero e la rivisitazione di sonorità dalle solite scuole del passato – sa ancora apparire vitale e lasciare il segno, avvolgendo con il suo carattere genuinamente feroce e stralunato.